REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE LAVORO CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. MANNA Antonio - Presidente
Dott. PATTI Adriano Piergiovanni - Consigliere
Dott. PAGETTA Antonella - Consigliere
Dott. PONTERIO Carla - Consigliere
Dott. AMENDOLA Fabrizio - Rel. Consigliere
ha pronunciato la seguente
ORDINANZA INTERLOCUTORIA
sul ricorso 16907-2023 proposto da:
NINZ Spa, in persona del legale rappresentante pro tempore, domiciliata in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso la CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentata e difesa dagli avvocati FILIPPO VALCANOVER e ARTURO MARESCA;
- ricorrente -
contro
A.A., domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso la CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall'avvocato GIOVANNI GUARINI;
- controricorrente -
avverso la sentenza n. 8/2023 della CORTE D'APPELLO di TRENTO, depositata il 06/07/2023 R.G.N. 83/2022;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 11/04/2024 dal Consigliere Dott. FABRIZIO AMENDOLA;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. CARMELO CELENTANO, che ha concluso per il rigetto del ricorso;
uditi gli avvocati FILIPPO VALCANOVER e ARTURO MARESCA;
udito l'avvocato OLIVIA POLIMANTI per delega verbale dell'avvocato GIOVANNI GUARINI.
Svolgimento del processo
1. la Corte di Appello di Trento, in data 9 marzo 2023, sul reclamo proposto nell'ambito di un procedimento di impugnativa di licenziamento ex lege n. 92 del 2012 da A.A. nei confronti della NINZ Spa, ha deciso, previo scambio di memorie in trattazione scritta, "come da dispositivo del quale era disposta la pubblicazione in via telematica il giorno stesso dell'udienza";
2. la Corte territoriale, in riforma della sentenza di primo grado, ha dichiarato la nullità del licenziamento intimato dalla società al lavoratore perché discriminatorio, con condanna della NINZ Spa a reintegrarlo e a pagare, a titolo di indennità risarcitoria ex art. 18, comma 2, L. n. 300 del 1970, una somma pari alla retribuzione globale di fatto dalla data del licenziamento a quella dell'effettiva reintegrazione, oltre al versamento dei contributi previdenziali ed assistenziali;
3. per la cassazione di tale sentenza ha proposto ricorso la soccombente con cinque motivi; ha resistito con controricorso l'intimato;
entrambe le parti hanno depositato memorie in prossimità della pubblica udienza;
Motivi della decisione
1. per il suo carattere pregiudiziale ed assorbente, viene in rilievo il primo motivo di ricorso, che denuncia la nullità del procedimento e della sentenza impugnata;
con la censura si lamenta lo "svolgimento dell'udienza di discussione con trattazione scritta", con conseguente "omissione della discussione", in violazione dell'art. 24 Cost., comma 2, e dell'art. 111 Cost., comma 2, in rapporto all'art. 6 CEDU, e degli artt. 101, 128, 180, 429, 420, comma 4, 437 c.p.c., 1, comma 60, legge 92 del 2012; si argomenta diffusamente circa l'incompatibilità della trattazione scritta - introdotta stabilmente dall'art. 127-ter c.p.c. - con l'udienza di discussione prevista nel rito del lavoro;
2. per delibare la censura, è opportuna una breve ricognizione del quadro normativo;
2.1. in continuità con la disciplina processuale prevista nel periodo di emergenza pandemica (introdotta, per la genesi che qui rileva, prima con l'art. 83, comma 7, lett. h), d.l. n. 18 del 2020, conv. L. n. 27 del 2020, poi con l'art. 221, comma 4, d.l. n. 34 del 2020, conv. L. n. 77 del 2020), la legge n. 206 del 2021 ha delegato il Governo ad adottare decreti legislativi "recanti il riassetto formale e sostanziale del processo civile", al fine di "rendere i procedimenti civili più celeri ed efficienti", nel rispetto di princìpi e criteri direttivi tra i quali quello di "prevedere che, fatta salva la possibilità per le parti costituite di opporsi, il giudice può, o deve in caso di richiesta congiunta delle parti, disporre che le udienze civili che non richiedono la presenza di soggetti diversi dai difensori, dalle parti, dal pubblico ministero e dagli ausiliari del giudice siano sostituite dal deposito telematico di note scritte contenenti le sole istanze e conclusioni da effettuare entro il termine perentorio stabilito dal giudice" (art. 1, comma 17, lett. m), L. n. 206 del 2021);
2.2. in attuazione della legge delega è stato adottato il D.Lgs. n. 149 del 2022 che, tra l'altro, ha modificato l'art. 127 del codice di rito e ha introdotto gli articoli 127-bis e 127-ter;
in particolare, viene inserito il comma 3 all'art. 127 c.p.c., già rubricato "Direzione dell'udienza", il quale comma stabilisce che: "Il giudice può disporre, nei casi e secondo le disposizioni di cui agli artt. 127-bis e 127-ter, che l'udienza si svolga mediante collegamenti audiovisivi a distanza o sia sostituita dal deposito di note scritte";
mentre l'art. 127-bis c.p.c. è dedicato alla disciplina dell'udienza a distanza, l'art. 127-ter c.p.c., introdotto dall'art. 3, comma 10, lett. b), D.Lgs. n. 149 del 2022 e rubricato "Deposito di note scritte in sostituzione dell'udienza", prevede, nei suoi cinque commi, che: "L'udienza, anche se precedentemente fissata, può essere sostituita dal deposito di note scritte, contenenti le sole istanze e conclusioni, se non richiede la presenza di soggetti diversi dai difensori, dalle parti, dal pubblico ministero e dagli ausiliari del giudice. Negli stessi casi, l'udienza è sostituita dal deposito di note scritte se ne fanno richiesta tutte le parti costituite.
Con il provvedimento con cui sostituisce l'udienza il giudice assegna un termine perentorio non inferiore a quindici giorni per il deposito delle note. Ciascuna parte costituita può opporsi entro cinque giorni dalla comunicazione; il giudice provvede nei cinque giorni successivi con decreto non impugnabile e, in caso di istanza proposta congiuntamente da tutte le parti, dispone in conformità. Se ricorrono particolari ragioni di urgenza, delle quali il giudice dà atto nel provvedimento, i termini di cui al primo e secondo periodo possono essere abbreviati.
Il giudice provvede entro trenta giorni dalla scadenza del termine per il deposito delle note.
Se nessuna delle parti deposita le note nel termine assegnato il giudice assegna un nuovo termine perentorio per il deposito delle note scritte o fissa udienza. Se nessuna delle parti deposita le note nel nuovo termine o compare all'udienza, il giudice ordina che la causa sia cancellata dal ruolo e dichiara l'estinzione del processo. Il giorno di scadenza del termine assegnato per il deposito delle note di cui al presente articolo è considerato data di udienza a tutti gli effetti."
2.3. in virtù dell'art. 35, comma 2, D.Lgs. n. 149 del 2022, tali disposizioni "si applicano a decorrere dal 1° gennaio 2023 anche ai procedimenti civili pendenti davanti al tribunale, alla corte di appello e alla Corte di cassazione", saldandosi, senza soluzione di continuità, con la precedente disciplina, operante in periodo emergenziale, cessata, con le sue proroghe, il 31 dicembre 2022;
3. in mancanza di specifiche disposizioni di coordinamento, si pone a questa Corte la questione dell'applicabilità dell'art. 127-ter c.p.c. al procedimento disciplinato dal Titolo IV del Libro II del codice di rito, che stabilisce "Norme per le controversie di lavoro" (artt. 409 e ss. c.p.c.), oltre che al procedimento - quale quello oggetto del presente ricorso per cassazione - regolato dai commi 47 e ss. dell'art. 1 della L. n. 92 del 2012, rispetto al quale, per tutti i profili non regolati da disposizioni specifiche, si applicano comunque le norme sul rito del lavoro (cfr. Cass. n. 23021 del 2014; Cass. n. 14098 del 2016; Cass. n. 17863 del 2016; Cass. n. 6544 del 2019; Cass. n. 15412 del 2020);
negli studi dei commentatori così come nell'applicazione dei diversi fori si sono, da subito, contrapposte sostanzialmente due interpretazioni, i cui principali argomenti vanno illustrati sinteticamente;
4. a favore della compatibilità vengono individuati elementi di carattere sistematico, oltre alla sottolineata mancanza di esplicite disposizioni di segno contrario;
4.1. innanzitutto, viene assegnato rilievo dirimente alla collocazione della disposizione nell'ambito del Libro I del Codice di procedura civile, recante le "Disposizioni generali" del medesimo, precisamente nel Titolo dedicato agli "atti processuali" e nella Sezione che stabilisce la disciplina "Delle udienze";
tale collocazione dovrebbe indurre - secondo siffatta opzione interpretativa - a ritenere applicabile la disposizione all'intero sistema processuale civile, senza esclusioni di principio, evidenziandosi come il legislatore della riforma, là dove ha inteso precludere l'adozione di siffatta possibilità procedimentale, lo ha fatto esplicitamente, come nel caso dell'udienza pubblica in Cassazione con l'art. 379, comma 1, c.p.c.;
si tratterebbe di una modalità alternativa allo svolgimento dell'udienza, prevista in via generale come potere attribuito al giudice nella ricorrenza dei presupposti contenuti nell'art. 127-bis medesimo, ammissibile anche per sostituire l'udienza pubblica, con tutte le norme che la regolano, anche nell'ambito del processo del lavoro;
4.2. non confliggerebbe col sistema neanche la deroga alla pubblicità dell'udienza, stabilita dall'art. 128 c.p.c. "a pena di nullità" per la fase "in cui si discute la causa"; si rimarca che per la giurisprudenza costituzionale, anche in relazione all'art. 6 della Convenzione EDU così come interpretato dalla Corte di Strasburgo (cfr., tra molte, Corte EDU, 6 novembre 2018, Ramos Nunes de Carvalho e Sà vs Portogallo), il principio della pubblicità non ha carattere assoluto e può subire deroghe, conservando validità l'assunto secondo cui la Costituzione non impone "in modo indefettibile la pubblicità di ogni tipo di procedimento giudiziari" e tanto meno di ogni fase di esso (cfr. Corte cost. n. 263 del 2017 e n. 73 del 2022); di modo che detto principio può essere limitato, oltre che nell'interesse della morale, dell'ordine pubblico, della sicurezza nazionale, dei minori o della vita privata delle stesse parti del processo, anche nell'interesse della giustizia, laddove lo giustifichino esigenze particolari (v. Cass. n. 9041 del 2016; più di recente, tra le altre, Cass. n. 7051 del 2021);
viene ad invocarsi l'autorità della Corte costituzionale laddove proclama che "non in tutti i processi la trattazione orale costituisce un connotato indefettibile del contraddittorio e, quindi, del giusto processo, potendo tale forma di trattazione essere surrogata da difese scritte tutte le volte in cui la configurazione strutturale e funzionale del singolo procedimento, o della specifica attività processuale da svolgere, lo consenta e purché le parti permangano su di un piano di parità" (ancora Corte cost. n. 263/2017 cit.) ; 4.3. la prospettiva condivisa dalla tesi in discorso sarebbe, poi, la più coerente con la ratio della previsione, ravvisabile nell'esigenza prioritaria di consentire una più efficiente organizzazione del processo e del lavoro del giudice, nella dovuta osservanza degli "obiettivi di semplificazione, speditezza e razionalizzazione del processo civile" fissati dalla legge delega n. 206 del 2021; la maggiore efficienza assicurata dalla trattazione scritta non colliderebbe col rispetto del principio del contraddittorio, che sarebbe garantito in primis dal prudente apprezzamento del giudice, il quale sostituirebbe l'udienza solo per quelle fasi processuali, anche in relazione a certe tipologie di cause, in cui non risulti necessaria l'interlocuzione orale; ma soprattutto, laddove la scelta del giudice sia contestabile, dalla facoltà di opporsi delle parti che, nel caso non lo facciano o addirittura propongano congiuntamente il deposito di note, non avrebbero da dolersene, in mancanza di compressione del loro diritto di difesa, rinunciando preventivamente alla possibilità di far valere qualsivoglia nullità;
4.4. infine, si sottolinea come l'originaria struttura del processo introdotto dalla L. n. 533 del 1973, articolato nell'unica udienza di discussione di cui all'art. 420 c.p.c. e ispirato ai risalenti princìpi di oralità, concentrazione e immediatezza, costituisca, nella prevalente applicazione pratica, oramai solo un ricordo e si aggiunge che, nella stessa esperienza concreta, l'effettiva discussione orale della causa, seguita dalla lettura del dispositivo in udienza, magari con motivazioni contestuali di diverse pagine, rappresenti, in gran parte, un mero simulacro; di talché, secondo questa visione che attribuisce rilievo al dato di realtà, poco più che idola fori non dovrebbero frapporre ostacoli ad innovazioni riformatrici sollecitate dalle sfide tecnologiche e dalle esigenze di razionalizzazione del processo, esprimendo, piuttosto, resistenze dovute a lasciti generazionali;
5. plurimi argomenti sono configurabili anche a sostegno della tesi che, invece, non ritiene applicabile al processo del lavoro l'art. 127-ter c.p.c.;
5.1. a partire dalla incompatibilità strutturale con le cadenze temporali che nel rito speciale disciplinano la costituzione del convenuto, con la conseguenza che non potrebbe essere disposta la sostituzione dell'udienza ex art. 420 c.p.c. con il deposito di note scritte già nel decreto di cui all'art. 415, comma 2, c.p.c., perché altrimenti al convenuto, non ancora costituito, sarebbe preclusa la possibilità di opporsi alla sostituzione stessa;
analoga incompatibilità opererebbe per il giudizio di appello, la cui fase introduttiva è speculare rispetto a quella di primo grado, con fissazione, mediante decreto presidenziale ex art. 435 c.p.c., dell'udienza di discussione dinanzi al collegio ed onere dell'appellato di costituirsi almeno dieci giorni prima dell'udienza; ogni adattamento escogitato dalla pratica dei fori per consentire la sostituzione cartolare sin dall'instaurazione del processo del lavoro, sia in primo che in secondo grado, rappresenterebbe, quindi, un'alterazione del meccanismo fisiologico disegnato dal rito speciale e conclamerebbe l'inutilizzabilità dell'art. 127-ter c.p.c.;
parimenti, si pone in risalto la contraddizione logica, prima che giuridica, tra lo scambio di note e il compimento di attività che presuppongono la contestuale interlocuzione tra i protagonisti del processo, quali l'interrogatorio libero, il tentativo di conciliazione e la formulazione della proposta transattiva, attività tipizzate da tempo nell'art. 420 c.p.c. ed esportate anche nella recente novella dell'art. 183 c.p.c. per il giudizio ordinario;
5.2. per quanto poi più propriamente riguarda la fase decisoria, innanzitutto si è desunto dal dato letterale della disposizione in esame - secondo cui le note scritte da depositare devono contenere "le sole istanze e conclusioni" - l'indicazione cogente che possano essere sostituite esclusivamente quelle udienze in cui è previsto lo svolgimento di attività defensionali limitate, appunto, ad istanze e conclusioni, con esclusione, quindi, della discussione orale della causa, che implica una più ampia illustrazione delle rispettive difese, in un contesto dialogico e in diretto contatto con il giudice percipiente;
diversamente ragionando, in discrasia dal testo normativo, dovrebbe giungersi a ritenere che le note di trattazione scritta, che tengano luogo dell'udienza di discussione della causa, possano estendersi a tutte le attività assertive ed argomentative, in fatto e in diritto, in modo da garantire che lo scambio e il deposito delle note assicuri l'effettiva equipollenza (cfr. Cass. n. 15999 del 2022; v. pure Cass. n. 632 del 2023);
5.3. inoltre, la regola generale sancita dall'art. 128 c.p.c. è che "l'udienza in cui si discute la causa è pubblica", con una prescrizione presidiata da espressa nullità, mentre solo "le udienze del giudice istruttore non sono pubbliche" (art. 84, comma 1, disp. att. c.p.c.), quasi a connotare, nel momento culminante della decisione, il funzionale perseguimento di interessi che non sono solo quelli delle parti in causa, involgendo il controllo democratico sull'operato del giudice;
tanto che il comma 1 dell'art. 128 c.p.c. prosegue consentendo al giudice di disporre che l'udienza si svolga a porte chiuse esclusivamente "se ricorrono ragioni di sicurezza dello Stato, di ordine pubblico o di buon costume", non già per una migliore gestione dell'udienza, mentre, ove venisse ammessa la sostituzione ex art. 127-ter c.p.c., il giudice potrebbe impedire la pubblicità indipendentemente dalla ricorrenza dei presupposti stringenti previsti invece dalla norma generale;
una traccia visibile della preclusione all'utilizzo del modello cartolare per la fase decisoria viene letta anche nella differenza testuale tra gli articoli 127-bis e ter, atteso che solo nella prima disposizione è contenuto l'inciso secondo cui è consentito lo svolgimento dell'udienza, mediante collegamenti audiovisivi, che sia "anche pubblica", mentre nella disposizione che segue la precisazione scompare;
vero è che la pubblicità dell'udienza, per quanto ricordato innanzi, è principio derogabile in presenza di giustificazioni obiettive e razionali, ma un ulteriore profilo di criticità è riscontrabile nella possibilità che il giudice disponga comunque la trattazione scritta, nonostante una delle parti vi si opponga, "con decreto non impugnabile";
si richiama, dunque, la giurisprudenza -costituzionale (cfr. Corte cost. n. 109 e n. 97 del 2015, n. 135 del 2014, n. 93 del 2010) e convenzionale (cfr., tra le altre, Corte EDU, 10 aprile 2012, Lorenzetti vs Italia) - che ravvisa un vulnus al principio di pubblicità non tanto nell'assenza dell'udienza pubblica quanto piuttosto nella mancanza di possibilità, per l'interessato, di ottenerne la celebrazione;
5.4. ancora, l'ammettere la decisione della causa, in seguito alla trattazione scritta, mediante deposito del provvedimento da parte del giudice entro il termine di trenta giorni previsto dall'art. 127-ter c.p.c. confliggerebbe con quella caratteristica essenziale del processo del lavoro rappresentata dall'assenza di cesure tra la discussione della causa e la deliberazione della decisione, cristallizzata in un dispositivo non più modificabile, che deve essere letto necessariamente nell'udienza in cui le parti hanno discusso, contrariamente alla motivazione che può essere depositata successivamente;
è consolidato, infatti, il principio secondo cui l'omessa lettura del dispositivo all'udienza di discussione determina, ai sensi dell'art. 156, comma 2, c.p.c., la nullità insanabile della sentenza, per mancanza del requisito formale indispensabile per il raggiungimento dello scopo dell'atto, in quanto si traduce nel difetto di un requisito correlato alle esigenze di concentrazione del giudizio che connotano il rito lavoristico e di immutabilità della decisione rispetto alla successiva stesura della motivazione (in termini, ancora di recente, Cass. n. 38521 del 2021; conf. Cass. 25305 del 2014; Cass. n. 1906 del 2015; Cass. n. 72 del 2018; Cass. n. 13963 del 2019), salvo il caso in cui, per espressa previsione del rito speciale di cui all'art. 1, commi 47 e ss., della L. n. 92 del 2012, sia escluso l'obbligo di lettura del dispositivo in udienza (tra altre, Cass. n. 20749 del 2018);
5.5. ulteriore sostegno è rinvenuto nella volontà legislativa - nei limiti in cui la stessa rilevi sul piano dell'esegesi - ricostruita attraverso i materiali del D.Lgs. n. 149 del 2022 attuativo della delega, laddove, nella Relazione Illustrativa (in GU Serie Generale n. 245 del 2022, Suppl. straordinario n. 5), si parla, con riferimento ai commi 30 e 31 dell'art. 3 del decreto dedicati alle modifiche del processo del lavoro, solo della eliminazione della "contraddizione attualmente esistente - frutto di difetto di coordinamento -" fra l'art. 429, comma 1, c.p.c. e l'art. 430 c.p.c., oppure, quanto all'appello, dell'attuazione dei criteri di delega conformi a quelli dell'appello ordinario o del miglioramento del filtro;
in un inciso, poi, si ribadisce che resta sempre "fermo (...) l'ordinario regime decisorio (lettura del dispositivo e deposito della sentenza nei successivi sessanta giorni) nel caso in cui non ricorrano i presupposti per la decisione in forma accelerata"; ciò confermerebbe l'originaria impostazione del processo del '73, senza palesare la benché minima intenzione di introdurre una così radicale innovazione quale quella di surrogare la discussione orale della causa e la lettura del provvedimento con la possibile alternativa a trattazione scritta;
tanto più che nella stessa Relazione si afferma che il legislatore, attenendosi ai princìpi e criteri direttivi previsti dalla legge delega, ha proceduto, "operando le necessarie abrogazioni e adottando le opportune disposizioni transitorie", ad "un'attenta e capillare opera di riordino e coordinamento tra le nuove norme e quelle non investite dalla riforma", sicché non appare privo di significato che abbia lasciato immutate tutte le norme fondamentali del processo del lavoro, tacendo del tutto sul coordinamento di una nuova norma di parte generale con gli artt. 429 e 437 del codice di rito;
5.6. infine, viene denunciato, con vigore, il frontale contrasto dell'innesto del modulo procedimentale previsto dall'art. 127-ter c.p.c. con i princìpi di oralità, concentrazione e immediatezza, tradizionalmente considerati le strutture portanti del processo regolato dagli artt. 409 e ss. c.p.c.;
princìpi riconosciuti dalla giurisprudenza di questa Corte che costantemente ha ritenuto che gli stessi "informano" l'intero processo del lavoro, spiegando i loro effetti anche nell'interpretazione delle norme del rito speciale (a titolo di esempio, v.: Cass. SS. UU. n. 7708 del 1993 e Cass. n. 17176 del 2014, sulla disciplina della fase introduttiva del giudizio, sia in primo grado che in appello; Cass. n. 23482 del 2010, sulla inoperatività della sospensione dei termini durante il periodo feriale; Cass. n. 20269 del 2010, sulla precisazione delle deduzioni in seguito al mutamento del rito; Cass. n. 24900 del 2005, sul rilievo d'ufficio della decadenza prevista dall'art. 414, n. 5, e 416, comma 3, c.p.c.; Cass. n. 16386 del 2002, sul regime delle preclusioni; Cass. n. 13049 del 1997, sull'accettazione del contraddittorio; Cass. n. 6195 del 1987, sul mutamento della domanda; Cass. n. 5843 del 1985, sulla nullità del ricorso);
innegabile che l'udienza surrogata dallo scambio di note scritte ontologicamente confligga con l'oralità, alteri la concentrazione processuale, frazionando il procedimento, mini inevitabilmente l'immediatezza del confronto e del rapporto diretto tra le parti e il giudice;
orbene, se certamente non può dirsi inibito al legislatore il potere di intervenire sul processo del lavoro per introdurre disposizioni non collimanti con i richiamati princìpi, salvo il limite della legittimità costituzionale, pur tuttavia si dubita che ciò possa essere fatto in via interpretativa, cogliendo l'occasione di una norma non perspicua, perché la forza dei princìpi processuali caratterizzanti il rito speciale - nella soluzione del dubbio ermeneutico - vince sulla eventuale applicazione di una regola parte generale che confligga con essi;
6. la giurisprudenza di questa Corte non risulta avere ancora esaminato funditus la questione che qui si pone in tutte le sue problematiche implicazioni con specifico riferimento all'art. 127-ter c.p.c.;
6.1. è stato, infatti, affrontato il tema rispetto alla disciplina vigente nel periodo di emergenza epidemiologica, comunque non completamente sovrapponibile a quella stabilita a regime (al di là del difetto del presupposto emergenziale, basti pensare, ad esempio, alla limitazione della trattazione scritta alle sole udienze che non richiedevano la presenza di soggetti diversi dai difensori delle parti);
come Cass. n. 37137 del 2022 ha dichiarato che, nel vigore dell'art. 83, comma 7, lett. h, del d.l. n. 18 del 2020, conv. con modificazioni in L. n. 37 del 2020, deve "ritenersi legittimo lo svolgimento dell'udienza di discussione orale della causa ai sensi dell'art. 281-sexies c.p.c. in forma scritta" (conf. Cass. n. 13735 del 2023), Cass. n. 35109 del 2022 ha sostenuto che le disposizioni menzionate consentono "di derogare alle previsioni del codice di rito, come l'art. 429 c.p.c.";
quest'ultimo arresto, tuttavia, ha cura di precisare che non poteva prospettarsi una violazione dell'art. 6 CEDU in quanto "l'esclusione dell'udienza in presenza o da remoto è limitata ad un periodo circoscritto, in ragione di un accadimento obiettivo (l'epidemia COVID) e per la tutela della salute collettiva e unicamente per i procedimenti ai quali possono partecipare i soli difensori" (insiste sulle finalità di norme eccezionalmente dirette a permettere lo svolgimento dei processi assicurando al meglio le finalità sanitarie di prevenzione della diffusione pandemica pure Cass. n. 19984 del 2023);
più in generale va ricordato che proprio l'esigenza di contenere gli effetti negativi sullo svolgimento dell'attività giudiziaria determinati dalle misure straordinarie ed urgenti per contrastare l'emergenza epidemiologica sia stata ritenuta idonea a dissipare dubbi di legittimità costituzionale della disciplina che ha regolato le richieste di discussione orale del ricorso in Cassazione (art. 23, comma 8-bis, d.l. n. 137 del 2020, convertito dalla L. n. 176 del 2020), disciplina considerata ragionevole proprio per la finalità di tutela della salute collettiva (Cass. SS. UU. n. 2610 del 2021);
sul presupposto che le parti non hanno un diritto pieno e incondizionato all'udienza pubblica e che la trattazione scritta garantisce le essenziali prerogative del diritto di difesa e assicura, per altro verso, l'interesse pubblico all'esercizio della giurisdizione anche in periodo emergenziale (cfr. Cass. n. 6033 del 2023, in materia di svolgimento del processo tributario ex art. 27, comma 2, d.l. n. 137 del 2020, conv. con modificazioni in L. n. 176 del 2020), è stato affermato che la trattazione scritta, nonostante la richiesta della parte di discussione in pubblica udienza o con collegamento a distanza, è legittima qualora carenze organizzative all'interno dell'ufficio impediscano il collegamento da remoto, per cui, a fronte della tempestiva richiesta della parte, "il giudice ben può procedere comunque alla trattazione scritta ma deve esplicitare le ragioni organizzative che giustificano la scelta di negare il rinvio ad un'udienza successiva per consentire la trattazione in presenza o, ove possibile, in modalità da remoto", costituendo la trattazione cartolare una eccezione alla regola dell'udienza (Cass. n. 594 del 2024);
si è pure ritenuto che: "In caso di udienza a trattazione scritta o cartolare, ex art. 83, comma 7, lett. h, del d.l. n. 18 del 2020, conv. dalla L. n. 27 del 2020, il deposito telematico del dispositivo a seguito della camera di consiglio è equivalente alla lettura in udienza" (Cass. n. 32358 del 2023);
6.2. all'opposto, diffusamente si è argomentato circa l'incompatibilità dei moduli decisori stabiliti sia dall'art. 281-sexies c.p.c., sia dagli artt. 429 e 437 c.p.c., con la trattazione scritta, considerando che "la sostituzione dell'udienza destinata alla discussione orale della causa, (...), non comporterebbe la mera sostituzione dell'udienza (...), ma impatterebbe pesantemente sulla fase decisoria, determinando un radicale stravolgimento di essa, giacché - indipendentemente da ogni altra considerazione -impedirebbe l'osservanza di un adempimento essenziale, quale la lettura del dispositivo e della motivazione alla presenza, se vogliono, delle parti" (Cass. n. 33175 del 2021);
il precedente citato dubita anche che il deposito telematico della sentenza all'esito della "udienza figurata" possa considerarsi equipollente alla lettura della stessa, atteso che "il deposito telematico della sentenza da parte del giudice non la rende visibile alle parti, se non all'esito dei necessari adempimenti di cancelleria";
del resto, più decisioni hanno ritenuto che il provvedimento che segue la trattazione scritta debba ritenersi pronunciato "fuori udienza", con la conseguenza che non può ritenersi conosciuto dalle parti presenti e da quelle che dovevano comparirvi, ex art. 176, comma 2, c.p.c., e che deve essere comunicato a cura dalla cancelleria (v. Cass. n. 13735 e n. 28302 del 2023);
6.3. alfine, in un'articolata pronuncia di questa Sezione (Cass. n. 15311 del 2023), avuto riguardo all'art. 221, comma 4, d.l. n. 3 del 2020, conv. L. n. 77 del 2020, si è argomentato che "la sostituzione dell'udienza in presenza con il mero deposito di note scritte non può negare alle parti il diritto di svolgere ogni altra attività propria dell'udienza medesima, prima fra tutte il documentare l'avvenuta rituale e tempestiva instaurazione del contraddittorio, quando l'appellato non si sia costituito";
con la conseguenza che "il giudice, prima di sanzionare l'appellante con l'improcedibilità del gravame, deve verificare, facendone in tal senso richiesta alla parte, l'esistenza e la regolarità della notifica: una diversa interpretazione si porrebbe in contrasto con il diritto di difesa garantito dall'art. 24 Cost.";
è stato così evidenziato che "l'attività di udienza non consiste soltanto nell'ascolto delle parti ad opera del giudice, ma ha per sua natura portata dialogica, nel senso di interlocuzione, rispetto alle necessità della causa, tra le parti che chiedono e dibattono e il giudice che ascolta le diverse ragioni e riceve le debite istanze", esaltando "l'insopprimibile caratura dialogica dell'udienza, in cui il principio del contraddittorio si manifesta non solo come dibattito tra le parti, ma coinvolge anche il giudice nella sua posizione di interlocutore, espressione dell'esercizio pubblico dell'attività giudiziaria";
7. tanto esposto, il Collegio ravvisa plurime ragioni che convincono a rimettere gli atti alla Prima Presidente affinché valuti la sussistenza dei presupposti per l'assegnazione del ricorso alle Sezioni unite ai sensi dell'art. 374, comma 2, c.p.c.;
7.1. innanzitutto, la particolare importanza della questione delineata in esordio manifesta il suo rilievo nomofilattico nella oggettività dei dubbi interpretativi sollevati da una disciplina che concerne un momento cruciale di ogni processo del lavoro, sia in primo che in secondo grado, e che ha determinato difformi prassi applicative sul territorio nazionale;
detto rilievo è accentuato laddove si pervenga alla conclusione in favore dell'incompatibilità dell'art. 127-ter c.p.c. con il rito lavoristico, perché occorrerà anche definire il campo delle conseguenze processuali derivanti dall'adozione del modello ritenuto contra legem, oltre che dell'eventuale sanabilità del vizio, avuto riguardo all'impatto su di un numero assai elevato di processi pendenti;
7.2. poi, non va sottaciuta la trasversalità dei princìpi che occorre affermare, nei reciproci rapporti tra oralità e pubblicità della discussione e della lettura del dispositivo, princìpi relativi non solo al procedimento che riguarda le controversie di lavoro e, comunque, le controversie in materia locatizia, ma con potenziale incidenza anche su altri procedimenti, come quelli in materia di opposizione a ordinanza-ingiunzione, oltre che sulla disciplina dettata dall'art. 281-sexies c.p.c.;
7.3. non da ultimo, preme l'impellenza di attivare tempestivamente la funzione stabilizzatrice di questa Corte nella sua più autorevole composizione, tanto più necessaria in materia di interpretazione delle norme processuali, per la loro diffusa e rilevante applicazione, come ancora di recente ribadito, "posto che, soprattutto in tale ambito, la 'conoscenza' delle regole (quindi, a monte, l'affidabilità, prevedibilità ed uniformità della relativa interpretazione) costituisce imprescindibile presupposto di uguaglianza tra i cittadini e di 'giustizia' del processo medesimo" (cfr. Cass. SS. UU. n. 8486 del 2024, con la giurisprudenza ivi richiamata);
P.Q.M.
La Corte rimette gli atti alla Prima Presidente per la eventuale assegnazione del ricorso alle Sezioni Unite.
Conclusione
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio dell'11 aprile 2024.
Depositata in Cancelleria il 3 maggio 2024.