Chi lavora durante la pensione quota 100 deve restituire solo i periodi coperti dal contratto di lavoro e non tutto l'anno pensionistico

Tribunale di Rovereto Giudice del Lavoro Sentenza 01/08/2024 n 32 Giudice Dott. Michele Cuccaro
Sentenza in sintesi:
Una lettura costituzionalmente orientata della previsione di non cumulabilità tra la pensione Quota 100 e il reddito da lavoro dipendente impone quindi di limitare la sospensione della prestazione previdenziale ai soli periodi coperti dal contratto di lavoro, dovendosi riespandere – al di fuori dei periodi nei quali il pensionato ricava altri redditi da lavoro – la funzione previdenziale del trattamento pensionistico, finalizzato a fornire i mezzi di sussistenza al lavoratore fuoriuscito per motivi di età dal mondo del lavoro
testo della sentenza:

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

TRIBUNALE DI ROVERETO

Il Giudice del lavoro del Tribunale di Rovereto dott. Michele Cuccaro ha pronunciato la seguente sentenza nella causa promossa con ricorso

depositato il 21/6/2024 sub nr. 77/2024 R.G. da:

XXX rappresentato e difeso dall’avv. Giovanni Guarini del Foro di Rovereto giusta delega allegata al ricorso

RICORRENTE

contro

I.N.P.S. sede di Trento rappresentato e difeso dagli avv.ti Vincenza Marina Marinelli e Marta Odorizzi per procura generale alle liti del 23/01/2023 a rogito del Notaio Roberto Fantini in Fiumicino rep. n. 37590

CONVENUTO

In punto: cumulo tra trattamento pensionistico cd. quota 100 e reddito da lavoro dipendente

CONCLUSIONI

Ricorrente: “Piaccia all’Ill.mo Giudice adito, ogni contraria istanza disattesa ed eccezione respinta, accogliere il presente ricorso e,

conseguentemente:

1. accertare e dichiarare l'illegittimità e/o la nullità del Provvedimento del 30.1.2024 con la quale INPS chiedeva la restituzione dei ratei di trattamenti pensionistici già erogati per l’anno 2022 pari ad euro 15.703,24 e per l’anno 2023 pari ad euro 16.765,45 ed il diritto del ricorrente a percepire la pensione cd quota 100 negli anni 2022 e 2023 fatta eccezione per i ratei per 9 giorni nell’agosto 2022 e per 5 giorni nel settembre 2023, o i maggiori o minor periodo ritenuto equo;

2. conseguentemente condannare l’Inps a corrispondere al ricorrente il relativo trattamento pensionistico ed a restituire le somme recuperate in eccedenza rispetto a quanto indicato al punto che precede (i ratei per 9 giorni nell’agosto 2022 e per 5 giorni nel settembre 2023, o i maggiori o

minor periodi ritenuti equi).

Oltre alla rifusione delle spese del presente giudizio ed oneri di legge”.

Convenuto: “Voglia l’Ill.mo Giudice adito, respingere il ricorso in quanto infondato in diritto e non provato e per l’effetto rigettare tutte le domande formulate dalla parte ricorrente nei confronti dell’INPS. Spese di causa rifuse”

FATTO E DIRITTO

Con ricorso depositato il 21/6/2024 XXX– premesso di essere titolare di pensione anticipata con decorrenza 9/2020 liquidata dall’INPS con i requisiti previsti dall’art. 14 DL. n. 4/2019 (cd. pensione quota 100), di avere svolto nel nove giorni di attività subordinata di operaio agricolo nell’agosto 2022 e cinque giorni nel settembre 2023 percependo il complessivo importo di € 714,56 e di avere ricevuto nota dd. 30/1/2024 con la quale l’INPS gli chiedeva la restituzione dei ratei di trattamenti pensionistico già erogati per l’anno 2022 pari ad euro 15.703,24 e per l’anno 2023 pari ad euro 16.765,45 - conveniva in giudizio innanzi a questo Tribunale l’Ente previdenziale per sentire accertare il suo diritto a percepire la pensione cd. quota 100 negli anni 2022 e 2023 fatta eccezione per i ratei per 9 giorni nell’agosto 2022 e per 5 giorni nel settembre 2023, con condanna a corrispondere il trattamento pensionistico ed a restituire le somme recuperate in eccedenza.

A sostegno della sua pretesa evidenziava il valore non imperativo della circolare INPS n. 99 del 2017, l’eccesso di delega in relazione all’art. 8 del D.P.C.M. 87/2017 e la non proporzionalità della sanzione.

Nel costituirsi in giudizio chiedendo il rigetto del ricorso l'I.N.P.S. evidenziava come non vi fosse alcuno spazio per accedere alla tesi di una buona fede della controparte, visto e considerato che nei provvedimenti di liquidazione della pensione erano stati esplicitati in maniera chiara gli effetti sulla pensione quota 100 dello svolgimento di una attività lavorativa subordinata e/o autonoma; sottolineava, altresì, come la pensione cd. quota 100 rappresentasse una situazione sperimentale e non strutturale, dal momento che, in deroga alle rigide disposizioni della legge Fornero, ammette un diritto alla flessibilità in uscita, in presenza di requisiti anagrafici e contributivi, con lo scopo di agevolare anche un ricambio generazionale, con la conseguenza che non vi era spazio per un’interpretazione “costituzionalmente orientata” che limitasse la decurtazione ai redditi prodotti anziché disporre la sospensione dell’intera prestazione pensionistica.

All’udienza odierna, precisate dalle parti le conclusioni in epigrafe trascritte, la causa veniva decisa come da separato dispositivo letto pubblicamente e veniva contestualmente depositata la sentenza.

***

Il ricorso merita accoglimento.

Dalla documentazione prodotta dal ricorrente e non contestata dal convenuto si evince come il XXXX – titolare di pensione cd. quota 100 con decorrenza settembre 2020 - abbia lavorato quale dipendente a tempo determinato nove giornate nell’agosto 2022 e cinque giornate nel settembre 2023 percependo un importo pari ad € 714,56.

Con sentenza 234 del 2022 la Corte Costituzionale ha respinto la questione di costituzionalità dell’art. 14, comma 3 D.L. 4/2019 sollevata dal Tribunale di Trento affermando che “La scelta del legislatore, vòlta a diversificare il trattamento previsto per il divieto di cumulo, non risulta costituzionalmente illegittima neppure considerando la sproporzione che può in concreto determinarsi

- come nella fattispecie oggetto del giudizio principale - fra l'entità dei redditi da lavoro percepiti dal pensionato che ha usufruito della cosiddetta "quota 100" e i ratei di pensione la cui erogazione è sospesa. Non si può non considerare l'eccezionalità della misura pensionistica in esame, che ha consentito, per il triennio 2019-2021, il ritiro dal lavoro all'età di 62 anni, con un'anzianità contributiva di almeno 38 anni, senza penalizzazioni nel calcolo della rendita.

Nell'adottare una disciplina sperimentale, il legislatore ha configurato un regime di quiescenza disciplinato da regole molto più favorevoli rispetto al sistema ordinario. La prevista sospensione del trattamento di quiescenza in caso di violazione del divieto di cumulo è, per l'appunto, rivolta a garantire un'effettiva uscita del pensionato che ha raggiunto la cosiddetta "quota 100" dal mercato del lavoro, anche al fine di creare nuova occupazione e favorire il ricambio generazionale, all'interno di un sistema previdenziale sostenibile.

Nel regime ora descritto, la percezione da parte del pensionato di redditi da lavoro, qualunque ne sia l'entità, costituisce elemento fattuale che contraddice il presupposto richiesto dal legislatore per usufruire di tale favorevole trattamento pensionistico anticipato (come rilevato peraltro da questa Corte con riferimento al diritto all'erogazione della Nuova assicurazione sociale per l'impiego - NASpI -, nella sentenza n. 194 del 2021), e mette a rischio l'obiettivo occupazionale.

Anche in questa prospettiva, l'assenza di omogeneità fra le situazioni lavorative poste a raffronto dal rimettente risulta decisiva per escludere la fondatezza della questione.

Il lavoro autonomo occasionale, per la sua natura residuale, non incide in modo diretto e significativo sulle dinamiche occupazionali, né su quelle previdenziali e si differenzia per questo dal lavoro subordinato, sia pure nella modalità flessibile del lavoro intermittente”.

Nonostante tale autorevole presa di posizione, sembra preferibile ritenere – in linea con quanto già ritenuto dal Tribunale di Marsala con la sentenza 12.7.2023 n. 589 - che il divieto di cumulo previsto dall’art. 14 del D. L. 28 gennaio 2019, n. 4, convertito dalla L. 28 marzo 2019, non comporti conseguenze così draconiane come quelle adottate dall’INPS in base alle

sue circolari.

Questo Tribunale condivide, invero, quanto affermato dal Tribunale di Torino nei seguenti passaggi della sentenza 15/7/2022 n. 1144: “pensione Quota 100 e redditi da lavoro diversi da quello occasionale autonomo sono espressamente definiti non cumulabili: ciò significa che la percezione della pensione non spetta qualora il pensionato goda di redditi da lavoro (coerentemente con le finalità della pensione anticipata, tra cui vi è anche di favorire la fuoriuscita

anticipata dal mondo del lavoro per liberare posti da destinare alle nuove generazioni); in merito, non pare condivisibile l’orientamento di alcuni giudici di merito (cfr. Trib. Firenze 16/6/2022 n. 449 …) che hanno attuato l’incumulabilità dichiarando il diritto del pensionato a percepire la prestazione dall’Inps decurtata in misura corrispondente ai redditi percepiti: alla non cumulabilità corrisponde necessariamente l’alternativa tra la prestazione pensionistica e la percezione di

redditi da lavoro; la disposizione relativa alla incumulabilità deve essere interpretata alla luce del

dettato dell’art. 38 comma 2 Cost., che impone di assicurare ai lavoratori i mezzi adeguati alle loro esigenze di vita in caso di vecchiaia: la pensione Quota 100 consente di ritirarsi dal lavoro anticipatamente rispetto al raggiungimento dell’età di accesso alla pensione di vecchiaia, ma presuppone in ogni caso un’età superiore a 62 anni; revocare – come prevede la circolare Inps senza un adeguato supporto nella legislazione primaria – la pensione per tutto l’anno qualora vi sia produzione di redditi da lavoro dipendente, di qualunque misura (anche irrisoria, come nel caso in esame), comporta certamente la erosione della funzione previdenziale della pensione;

una lettura costituzionalmente orientata della previsione di non cumulabilità tra la pensione Quota 100 e il reddito da lavoro dipendente impone quindi di limitare la sospensione della prestazione previdenziale ai soli periodi coperti dal contratto di lavoro, dovendosi riespandere – al di fuori dei periodi nei quali il pensionato ricava altri redditi da lavoro – la funzione previdenziale del trattamento pensionistico, finalizzato a fornire i mezzi di sussistenza al lavoratore fuoriuscito per motivi di età dal mondo del lavoro”.

Nel caso in esame, la non cumulabilità deve essere limitata ai ratei pensionistici del mese di agosto 2022 e settembre 2023, mesi nei quali il ricorrente ha percepito redditi derivanti dai rapporti di lavoro dipendente, ed in tali limiti deve essere accertata la percezione indebita del trattamento pensionistico; la prestazione risulta spettante in relazione a tutti gli altri ratei riferiti agli anni 2022 e 2023 e l’INPS va condannato alla restituzione delle somme eventualmente trattenute eccedenti l’indebito di cui sopra.

Va disposta la compensazione tra le parti delle spese del giudizio in considerazione delle oscillazioni giurisprudenziali in materia.

P.Q.M.

Il Giudice del lavoro del Tribunale di Rovereto, definitivamente pronunciando, uditi i procuratori delle parti, ogni contraria istanza ed eccezione respinta, così provvede:

1) accerta il diritto del ricorrente a percepire la pensione cd. quota 100 negli anni 2022 e 2023 fatta eccezione per i soli ratei di agosto 2022 e settembre 2023, non dovuti;

2) condanna l’Inps a corrispondere al ricorrente il relativo trattamento pensionistico ed a restituire le somme eventualmente recuperate in eccedenza rispetto a quanto indicato al punto 1;

3) dispone la compensazione tra le parti delle spese del giudizio.

Così deciso in Rovereto il 1 agosto 2024

Il Giudice

- dott. Michele Cuccaro -

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