REPUBBLICA ITALIANA
TRIBUNALE ORDINARIO DI TRENTO
sezione lavoro
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale, in funzione di giudice del lavoro, nella persona fisica del magistrato
dott. Giorgio Flaim pronunzia la seguente
S E N T E N Z A
nella causa per controversia in materia di previdenza ed assistenza promossa con
ricorso depositato in data 30.4.2021
d a
XXX
rappresentata e difesa dall’avv. Giovanni Guarini pec giovanni.guarini@pec.it
ricorrente
c o n t r o
I.N.P.S.
in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’avv. Carlo
De Pompeis e dall’avv. Marta Odorizzi, ed elettivamente domiciliato presso l’Ufficio
legale della Sede provinciale di Trento dell’I.N.P.S., in Trento, via delle Orfane, 8,
pec avv.carlo.depompeis@postacert.inps.gov.it
convenuto
CONCLUSIONI DI PARTE RICORRENTE
“In via principale:
accertare e dichiarare l’illegittimità del provvedimento di decadenza dell’Inps rispetto
al riconoscimento del beneficio Naspi nell’anno 2019 dell’importo pari ad € 7197,10 e
dichiarare il diritto della ricorrente di ricevere l’indennità Naspi fino al termine del
periodo indennizzabile pari a 339 giorni di NASpI a decorrere dal 05/04/2021 o per il
maggiore o minore periodo ritenuto equo dal giudice;
accertare di conseguenza l'insussistenza del diritto dell'INPS a ripetere la complessiva
somma lorda di € 7197,10 erogata nel 2019 con riferimento alla Naspi o la maggiore o
minore somma o per il maggiore o minore periodo ritenuto equo dal giudice;
condannare l’ISTITUTO NAZIONALE PREVIDENZA SOCIALE a pagare alla
ricorrente l’indennità NASpI fino al termine del periodo indennizzabile;
accertare e dichiarare il diritto della ricorrente di ricevere l’indennità di maternità dal
25/03/2020 al 25/08/2020 o per il maggiore o minore periodo ritenuto equo dal giudice
- Condannare l’I.N.P.S. a pagare alla ricorrente l’indennità di maternità dal
25/03/2020 al 25/08/2020 o per il maggiore o minore periodo ritenuto equo.
In via di subordine:
accertare e dichiarare l'insussistenza del diritto dell'INPS di ripetere la complessiva
somma lorda di € 7197,10 erogata nel 2019 con riferimento alla NASpI o la maggiore
o minore somma o per il maggiore o minore periodo ritenuto equo dal giudice;
accertare e dichiarare il diritto della ricorrente di ricevere l’indennità Covid-19:
turismo e stabilimenti termali per i mesi di maggio e agosto 2020 pari a tot. € 2.000 o
per il maggiore o minore periodo o importo ritenuto equo dal giudice
Condannare l’ISTITUTO NAZIONALE PREVIDENZA SOCIALE a pagare alla
ricorrente l’indennità Covid-19: turismo e stabilimenti termali per i mesi di maggio e
agosto o per il maggiore o minore periodo ritenuto equo dal Giudice
Condannare l’ISTITUTO NAZIONALE PREVIDENZA SOCIALE in persona del
legale rappresentante pro tempore alla rifusione delle spese del presente giudizio ed
oneri di legge con aumento del 30% ex Decreto Ministero, Giustizia, 08/03/2018 n° 37
e distrazione a favore dello scrivente patrono antistatario”
CONCLUSIONI DI PARTE CONVENUTA
“Voglia l’On.le Tribunale adito, ogni contraria istanza disattesa: NEL MERITO, dato
atto del riconoscimento in questa sede giudiziale del diritto all’indennità di maternità
per i 5 mesi di astensione obbligatoria, respingere la domanda principale avversa e per
l’effetto dichiarare legittimo il provvedimento di revoca dell’INPS dell’indennità
NASpI per il periodo di competenza dal 5 aprile 2019 in poi con conseguente
declaratoria del diritto dell’Istituto di ripetere quanto erogato a tale titolo previa
detrazione in compensazione dell’importo spettante alla ricorrente titolo di indennità
di maternità
IN VIA SUBORDINATA,
in ogni caso respingere la domanda volta alla percezione delle indennità Covid 19 che
controparte assume di non aver ricevuto in conseguenza dello stato di disoccupazione
poi revocato.
Il tutto con refusione da parte avversa delle spese e competenze processuali”
MOTIVAZIONE
le domanda proposte dalla ricorrente
La ricorrente XXX agisce:
A) in via principale
1)
per l’accertamento dell’illegittimità della determinazione con cui I.N.P.S. ha considerato
la ricorrente decaduta “nel corso dell’anno 2019 per contratto superiore ai sei mesi”
(mail del 16.20.2020 sub doc. 11 fasc.ric.),
conseguentemente
2)
per l’accertamento del diritto a conservare l’indennità NASpI già percepita dall’I.N.P.S.
in relazione al periodo 5.4.2019-24.3.2020 e al periodo 26.8.2020 al 515° giorno
decorrente dall’8.10.2018,
3)
per l’accertamento del diritto a percepire l’indennità di maternità obbligatoria in
relazione al periodo 25.3.-25.8.2020,
B) in via subordinata
1)
per l’accertamento dell’inesistenza del diritto dell’I.N.P.S. a ripetere la somma di €
7.197,00 indebitamente a lui versata a titolo di indennità NASpI relativamente al periodo
5.4.2019-31.7.2020, come da pretesa avanzata dall’Istituto con nota del 24.2.2021 (doc.
15 fasc. ric.),
2)
per l’accertamento del diritto a percepire le indennità Covid-19 turismo e stabilimenti
termali ex art. 85 co.6 D.L. 19.5.2020, n. 34 conv. in L. 17.7.2020, n. 77, in relazione al
maggio 2020, pari a € 1.000,00, ed ex art. 9 co.1 D.L. 14.8.2020, n. 104 conv. in L.
13.10.2020, n. 126, pari a € 1.000,00.
le ragioni della decisione
in ordine alle domande proposte in via principale
1)
Presenta carattere di priorità logico-giuridica la questione se la ricorrente XXX, una volta acquisito il diritto a percepire l’indennità NASpI per 515
giorni a decorrere dall’8.10.2018 (doc. 1 fasc. ric.), sia successivamente incorsa nella
decadenza da tale diritto.
- - -
In proposito l’I.N.P.S., pur ribadendo l’avvenuta decadenza, ha parzialmente mutato,
nelle more tra il procedimento amministrativo e il presente giudizio, la propria posizione
in ordine agli effetti che ne derivano:
i)
nel corso del procedimento amministrativo ha affermato (nella mail del 16.20.2020 sub
doc. 11 fasc.ric.) che “la naspi è decaduta nel corso dell’anno 2019 per contratto
superiore ai sei mesi”; di conseguenza ha ritenuto indebitamente versata e quindi
ripetibile la somma di € 7.197,00 afferente l’indennità NASpI relativa al 5.4.2019-
31.7.2020 (nota del 24.2.2021 sub doc. 15 fasc. ric.); inoltre ha negato la corresponsione
dell’indennità di maternità obbligatoria richiesta dalla ricorrente in relazione al periodo
25.3.-25.8.2020 in quanto, a suo dire, difettava il presupposto ex art. 24 co.4 d.lgs.
26.3.2001, n. 151 (“Qualora il congedo di maternità abbia inizio trascorsi sessanta
giorni dalla risoluzione del rapporto di lavoro e la lavoratrice si trovi, all'inizio del
periodo di congedo stesso, disoccupata e in godimento dell'indennità di disoccupazione,
ha diritto all'indennità giornaliera di maternità anziché all'indennità ordinaria di
disoccupazione”), essendo la ricorrente, al momento dell’inizio del congedo di maternità,
disoccupata senza godere dell’indennità NASpI.
ii)
nel presente giudizio l’I.N.P.S.,
da un lato,
sostiene che la ricorrente è effettivamente incorsa (senza però specificare la data in cui
sarebbe avvenuto) nella decadenza ex art. 9 co. 1 e 2 d.lgs. 4.3.2015, n. 22 (“1. Il
lavoratore che durante il periodo in cui percepisce la NASpI instauri un rapporto di
lavoro subordinato il cui reddito annuale sia superiore al reddito minimo escluso da
imposizione fiscale decade dalla prestazione, salvo il caso in cui la durata del rapporto
di lavoro non sia superiore a sei mesi. In tale caso la prestazione è sospesa d'ufficio per
la durata del rapporto di lavoro… 2. Il lavoratore che durante il periodo in cui
percepisce la NASpI instauri un rapporto di lavoro subordinato il cui reddito annuale
sia inferiore al reddito minimo escluso da imposizione conserva il diritto alla
prestazione, ridotta nei termini di cui all'articolo 10, a condizione che comunichi
all'INPS entro trenta giorni dall’inizio dell'attività il reddito annuo previsto…”) dal
diritto di percepire l’indennità NASpI in quanto:
il ricorrente ha instaurato in data 5.4.2019 un rapporto di lavoro intermittente (senza
corresponsione di indennità di disponibilità) nel corso del quale ha lavorato
complessivamente 26 giorni (14 in aprile 2019, 12 in maggio 2020), che “pertanto
coprono più di un mese intero di giorni lavorabili (dovendo escludere le domeniche e
i festivi)” (così a pag. 2 della memoria di costituzione) e successivamente, senza
soluzione di continuità, in data 1.6.2020, un rapporto di lavoro subordinato a tempo
determinato con termine finale al 31.8.2020, in seguito prorogato al 3.11.2019, con
superamento, complessivamente, della durata di sei mesi;
al fine di verificare se sia avvenuto il superamento della durata di sei mesi occorre
considerare sia il rapporto di lavoro intermittente, sia il rapporto di lavoro
subordinato a tempo determinato in quanto si sono susseguiti senza soluzione di
continuità; ciò alla luce dell’indicazione contenuta nella circolare n. 142 del
29.7.2015; quindi nel caso in esame la durata complessiva (ossia considerando sia il
rapporto di lavoro intermittente, sia il rapporto di lavoro subordinato a tempo
determinato), ha superato il limite di sei mesi;
il ricorrente non ha assolto l’onere, su di lui incombente ai sensi dell’art. 9 co.2 d.lgs.
22/2015, di comunicare all’I.N.P.S., entro trenta giorni dall’inizio dell’attività, il
reddito annuo previsto;
conseguentemente ribadisce quanto già esposto nella nota del 24.2.2021 sub doc. 15 fasc.
ric. circa il carattere indebito e, quindi, la ripetibilità della somma di € 7.197,00 afferente
l’indennità NASpI relativa al periodo 5.4.2019-31.7.2020;
dall’altro lato,
in ordine all’ indennità di maternità obbligatoria richiesta dalla ricorrente in relazione al
periodo 25.3.-25.8.2020 così deduce (la citazione testuale è dovuta al fatto che non
appare agevolmente intelligibile in tutti i passaggi argomentativi):
“La questione, pur essendo subordinata alla conferma o meno della legittimità della
revoca, sarebbe anche risolvibile a prescindere da quest’ultima poiché, anche
persistendo la revoca della Naspi controparte avrebbe potuto inoltrare una nuova
domanda dopo l’ultimazione del rapporto a tempo determinato da cui è scaturita la
revoca.
In questo caso le sarebbe stata riconosciuta l’indennità per il periodo di astensione
obbligatoria.
Ovviamente, non essendo stata ancora revocata medio tempore l’indennità Naspi in
corso, revocata appunto contestualmente, il rigetto motivato sull’assenza di regime di
indennizzo per disoccupazione sarebbe confliggente con la situazione di fatto e, quindi,
comunque, l’indennizzo per la maternità poteva essere concessa.
PERTANTO, in questa sede, SI DICHIARA che la richiesta di erogazione dell’indennità
di maternità è riconoscibile da parte dell’Istituto per il periodo corrispondente ai 5 mesi
di astensione obbligatoria da attività lavorativa ovviamente con detrazione dall’importo
spettante di quanto già pagato dall’Istituto a titolo di indennità Naspi per lo stesso
periodo di competenza
Ci si riserva quindi di provvedere all’emissione del provvedimento di accoglimento in
autotutela della richiesta di indennità di maternità con compensazione parziale sul
maggior debito di parte ricorrente relativo all’importo erogato per la prestazione Naspi
revocata”.
Comunque appare certo che l’I.N.P.S., ferma la decadenza (in data imprecisata) della
ricorrente dal diritto di percepire l’indennità NASpI e la pretesa alla ripetizione della
somma di € 7.197,00 afferente l’indennità NASpI relativa al 5.4.2019-31.7.2020, si
dichiara disponibile a erogare l’ indennità di maternità obbligatoria richiesta dalla
ricorrente in relazione al periodo 25.3.-25.8.2020.
- - -
Dal canto suo la ricorrente nega di essere incorsa nella decadenza ex art. 9 co.1 e 2 d.lgs.
22/2015 dal diritto di percepire l’indennità NASpI (attribuitale per 515 giorni a decorrere
dall’8.10.2019).
A sostegno così deduce: “… nel corso dell’anno 2019 la ricorrente non si è occupata per
un tempo superiore ai sei mesi senza soluzione di continuità.
Infatti, in data 05/04/2019 la ricorrente, dopo aver percepito 176 giorni di Naspi, si
rioccupava con contratto a tempo determinato di tipo intermittente senza indennità di
disponibilità fino al 31/05/2019 (02), rioccupazione a conoscenza dell’istituto anche
grazie all’invio del modello unilav (03), durante il menzionato periodo contrattuale la
ricorrente lavorava per 14 giorni nel mese di aprile e 12 giorni nel mese di maggio. In
particolare nel mese di maggio lavorava nei giorni 1,13,15,17,22,24,25,26,28,29,30,31
(2.1). La ricorrente poi si rioccupa con contratto a tempo determinato dal 01/06/2020
con scadenza al 31/08/2019 (04 05), poi prorogato fino al 03/11/2019 (06 - 07). In ogni
caso non lavora effettivamente più di 6 mesi, in quanto nel tempo intermittente ha
diverse interruzioni e poi il contratto a termine ha durata inferiore ai sei mesi, anche
considerando la proroga”.
Quindi afferma che alla cessazione in data 3.11.2019 del rapporto di lavoro subordinato a
tempo determinato ella aveva il diritto di riprendere a percepire l’indennità NASpI per il
periodo residuo spettante al momento in cui l’indennità stessa era stata sospesa, di talché
infondata è la pretesa, da parte di I.N.P.S., di considerare indebite le somme versate a
titolo di indennità NASpI, di cui alla richiesta di ripetizione formulata dall’I.N.P.S. con
nota del 24.2.2021; inoltre ella, godendo alla data di inizio del periodo di congedo di
maternità (25.3.2020) dell’indennità NASpI e, quindi, sussistendo il presupposto ex art.
24 co.4 d.lgs. 151/2001, ha diritto di percepire, in relazione al periodo 25.3.-25.8.2020
l’indennità giornaliera di maternità in luogo dell’indennità NASpI.
- - -
a)
E’ corretto l’assunto dell’I.N.P.S. secondo cui, cumulando il periodo afferente il rapporto
di lavoro intermittente e quello concernente il rapporto di lavoro subordinato a tempo
determinato, risulta che il ricorrente ha lavorato per più di sei mesi.
In proposito è agevole rilevare che il rapporto di lavoro subordinato a tempo determinato
ha avuto una durata di cinque mesi e tre giorni, specificamente dall’1.6. al 3.11.2019.
Quanto al rapporto di lavoro intermittente, emerge dal doc. 2.1 fasc. ric. che la ricorrente
ha lavorato 79,76 ore nel mese di aprile 2019 e 72,10 ore nel mese di maggio 2019, per
complessive 152,86 ore, che corrispondono a una percentuale dell’88,19% delle ore
lavorabili in un mese (divisore orario di 173,33), cui corrisponde una durata del rapporto
pari a (30 giorni di calendario x 88,19%=) 26,46 giorni, ai quali devono essere aggiunti i
giorni di ferie maturati pari a (ex art. 31 CCNL Aziende termali ore 160 annue
corrispondenti a quattro settimane ossia 28 giorni di calendario e quindi 28:12= 2,33
giorni al mese x 88,19%=) 2,06 giorni per complessivi 28,52.
Quindi la ricorrente ha lavorato per un periodo avente una durata complessiva di (5 mesi
e tre giorni + 28,52=) di 6 mesi e 1,52 giorni.
b)
Tuttavia non è persuasivo l'assunto dell’I.N.P.S., secondo cui, al fine di verificare se sia
stato superato il limite massimo di sei mesi, occorre considerare congiuntamente la
durata del rapporto di lavoro intermittente e quella del rapporto di lavoro subordinato a
tempo determinato.
In proposito la difesa dell’I.N.P.S. – nell’affermare (pag. 3 della memoria di
costituzione) che “in presenza di rioccupazione con rapporti di lavoro che si susseguono
nel tempo senza soluzione di continuità per periodi singolarmente non superiore a sei
mesi, ma la cui somma superi detto limite, si verifica la decadenza della prestazione di
disoccupazione NASpI per superamento del semestre prevista dalla norma” – richiama la
circolare n. 142 del 29.7.2015.
In realtà il riferimento non è corretto non solo rispetto all’indicazione del documento di
prassi dato che la questione dei rapporti di lavoro che si susseguono senza soluzione di
continuità è trattata nel messaggio n. 1162 del 16.3.2018, al punto 5, ma soprattutto
perché concerne il “percettore di NASpI che si rioccupi con contratti di lavoro a tempo
determinato che si susseguono senza soluzione di continuità con lo stesso o diverso
datore di lavoro” e non già, come è accaduto nella vicenda in esame, il percettore di
NASpI che si occupi prima con un contratto di lavoro intermittente e poi con un contratto
di lavoro subordinato a tempo indeterminato che si susseguono senza soluzione di
continuità con lo stesso datore di lavoro.
Il messaggio n. 1162/2018, in riferimento all'ipotesi che prende in considerazione (ossia
contratti di lavoro subordinato a tempo determinato che si susseguono senza soluzione di
continuità), ritiene che nel caso la durata complessiva di due rapporti superi il limite di
sei mesi (e il reddito annuale sia superiore al reddito minimo) si verifica la decadenza dal
diritto a percepire l’indennità NASpI.
Occorre, quindi, chiedersi se tale soluzione debba trovare applicazione anche nella
vicenda in esame dove si sono susseguiti un rapporto di lavoro intermittente senza
obbligo di risposta alla chiamata e quindi senza diritto all'indennità di disponibilità, e un
rapporto di lavoro subordinato a tempo determinato.
La risposta negativa appare preferibile.
Infatti, qualora si susseguano due rapporti di lavoro subordinato a tempo determinato,
ciascuno di durata inferiore a sei mesi, appare evidente la continuità rispetto alla
disciplina dell'assicurazione NASpI, dato che, ai sensi dell’art. 9 co. 1 d.lgs. 22/2015,
l’instaurazione di un rapporto di lavoro subordinato della durata non superiore a sei mesi
determina la sospensione d’ufficio della prestazione (salvo che il reddito annuale sia
inferiore a quello minimo); quindi il susseguirsi senza soluzione di continuità di due
rapporti di lavoro subordinato a tempo determinato comporta anche la continuità della
sospensione della prestazione, verificandosi così la stessa situazione che ricorre
nell'ipotesi dell'instaurazione di un rapporto di lavoro subordinato avente una durata
superiore a sei mesi .
Di contro, nell'ipotesi di instaurazione di un rapporto di lavoro intermittente senza
obbligo di risposta e quindi senza diritto all'indennità di disponibilità, già la circolare n.
142/2015 ha ritenuto che “l’indennità di disoccupazione NASpI resta sospesa per le sole
giornate di effettiva prestazione lavorativa e può essere riconosciuta limitatamente ai
periodi interni al contratto non interessati da prestazione lavorativa tra una chiamata e
l’altra”.
Appare, quindi, evidente che la continuità tra il rapporto di lavoro intermittente e il
rapporto di lavoro subordinato a tempo determinato è configurabile se e nella misura in
cui siano stati lavorati nell'ambito del primo rapporto i giorni precedenti l'instaurazione
del secondo rapporto. Ne deriva che solo questi giorni possono essere cumulati, ai fini
della verifica circa il superamento del limite semestrale, con la durata del rapporto di
lavoro subordinato a tempo determinato.
Nel caso in esame, alla luce del documento prodotto dalla ricorrente sub doc. 2.1, la
continuità tra la sospensione dell’indennità NASpI in ragione dello svolgimento di
attività lavorativa nell'ambito del rapporto di lavoro intermittente e la sospensione
sempre dell'indennità NASpI a seguito dell'instaurazione, in data 1.6.2019, del rapporto
di lavoro subordinato a tempo determinato è limitata alle giornate del 28, 29, 30 e 31
maggio 2019, che sono le sole a collocarsi senza discontinuità anteriormente all’inizio
del rapporto di lavoro subordinato a tempo determinato. Viene, quindi, a configurarsi un
periodo continuativo di lavoro e, quindi, di sospensione dell’indennità NASpI di 5 mesi e
7 giorni ossia di durata inferiore a sei mesi.
c)
L’I.N.P.S. evidenzia che la ricorrente non ha assolto l’onere, su di lei incombente ai sensi
dell’art. 9 co.2 d.lgs. 22/2015, di comunicare all’I.N.P.S., entro trenta giorni dall’inizio
dell’attività lavorativa, il reddito annuo previsto.
La circostanza appare incontestata (infatti la ricorrente si è limitata ad allegare e
documentare sub doc. 3, 7 e 8 solamente l’invio delle comunicazioni UNILAV
all’Agenzia del lavoro), ma la conseguenza che ne deriva è rappresentata non già dalla
decadenza dal diritto a percepire l'indennità NASpI, ma dalla sospensione della
erogazione di tale indennità.
Infatti, nell'ipotesi in cui il reddito annuale previsto nel contratto di lavoro (avente durata
non superiore a sei mesi) sia maggiore del reddito minimo consegue in ogni caso la
sospensione dell’indennità NASpI. Solo nell'ipotesi contraria la comunicazione
all’I.N.P.S., entro 30 giorni dall'inizio dell'attività lavorativa, del reddito annuo previsto
consente al lavoratore di cumulare il reddito da lavoro con l'indennità NASpI (seppure
ridotta nei termini ex art. 10 d.lgs. 22/2015).
In definitiva la ricorrente XXX non è decaduta dal diritto di
percepire l’indennità NASpI per 515 giorni a far data dall’8.10,2018, ma è incorsa nella
sospensione dell'erogazione di tale prestazione limitatamente alle giornate di effettiva
prestazione lavorativa svolte in esecuzione del rapporto di lavoro intermittente (14
giornate nel mese di aprile 2019 e 12 giornate nel mese di maggio 2019) e alla durata del
rapporto di lavoro subordinato a tempo determinato (1.6.-3.11.2019), con conseguente
condanna dell’I.N.P.S. a corrispondere, in favore della ricorrente i ratei già scaduti, le
cui somme vanno maggiorate ai sensi dell’art.16 co.6 L. 30.12.1991, n.412, secondo cui
“l'importo dovuto a titolo di interessi è portato in detrazione dalle somme eventualmente
spettanti a ristoro del maggior danno subito dal titolare della prestazione per la
diminuzione del valore del suo credito”, nonché alla scadenza i ratei maturandi.
2)
Dalla statuizione che precede consegue l'accoglimento della domanda, proposta dalla
ricorrente, di condanna dell’I.N.P.S. alla corresponsione dell’indennità di maternità
obbligatoria in relazione al periodo 25.3-25.8.2021; ciò a prescindere dal riconoscimento
del diritto espresso dall'Istituto convenuto in sede di memoria di costituzione.
Infatti – se la ricorrente ha conservato il diritto di percepire l’indennità NASpI per 515
giorni a decorrere dall’8.10.2018, fatta eccezione per le giornate di effettiva prestazione
lavorativa svolte in esecuzione del rapporto di lavoro intermittente (14 del mese di aprile
2019 e 12 nel mese di maggio 2019) e per la durata del rapporto di lavoro subordinato a
tempo determinato (1.6.-3.11.2019) – alla data di inizio del periodo di congedo di
maternità, vale a dire il 25.3.2020, ella godeva dell’indennità NASpI e, quindi, ai sensi
dell’art. 24 co.4 d.lgs. 151/2001, ha maturato il diritto di percepire nel periodo 25.3.-
25.8.2020 l’indennità giornaliera di maternità in luogo dell’indennità NASpI.
Quindi l’I.N.P.S. va condannata a corrispondere in favore della ricorrente l’indennità di
maternità obbligatoria ex art. 24 co.4 d.lgs. 151/2001, con le maggiorazioni ex art.16 co.
6 L. 412/1991.
3)
Si è già statuito sub 1) che la ricorrente è incorsa nella sospensione dell'erogazione
dell’indennità NASpI relativamente alle giornate di effettiva prestazione lavorativa svolte
in esecuzione del rapporto di lavoro intermittente (14 giornate nel mese di aprile 2019 e
12 giornate nel mese di maggio 2019) e alla durata del rapporto di lavoro subordinato a
tempo determinato (1.6.-3.11.2019).
Quindi limitatamente a questi periodi deve essere esaminata la domanda, proposta dalla
ricorrente in via subordinata, di accertamento dell’inesistenza del diritto dell’I.N.P.S. a
ripetere le somme indebitamente versate dal ricorrente a titolo di indennità NASpI.
A sostegno della sua domanda il ricorrente invoca l’orientamento della Suprema Corte
secondo cui l'indebito assistenziale, in mancanza di norme specifiche che dispongano
diversamente, è ripetibile solo successivamente al momento in cui intervenga il
provvedimento che accerta il venir meno delle condizioni di legge e ciò salvo che non
ricorrano ipotesi che a priori escludano un qualsivoglia affidamento, come nel caso di
erogazione di prestazione a chi non sia parte di alcun rapporto assistenziale, né ne abbia
mai fatto richiesta, nel caso di radicale incompatibilità tra beneficio ed esigenze
assistenziali o in caso di dolo comprovato dell'accipiens; ciò in quanto il regime
dell'indebito previdenziale ed assistenziale presenta tratti eccentrici rispetto alla regola
della ripetibilità propria del sistema civilistico e dell'art. 2033 cod.civ., in ragione dell'
affidamento dei pensionati nell'irripetibilità di trattamenti pensionistici, che sono
normalmente destinate al soddisfacimento di bisogni alimentari propri e della famiglia,
con disciplina derogatoria che individua, alla luce dell'art. 38 Cost., un principio di
settore, che esclude la ripetizione se l'erogazione non sia addebitabile al percettore.
Ritiene che nel caso in esame l’I.N.P.S. non poteva richiedere la restituzione di quanto
versato prima del 24.2.2021, data del provvedimento che accertava il venire meno delle
condizioni di legge.
Inoltre, a detta del ricorrente, non ricorre alcuna ipotesi di deroga alla disciplina
dell’indebito assistenziale dato che egli ha proposto domanda del beneficio avendo tutti i
requisiti per richiederlo ed ha comunicato all’I.N.P.S. ogni variazione della propria
situazione lavorativa, e, quindi, non gli è rimproverabile alcun deficit informativo
all’Istituto, né può essere considerato in colpa e tantomeno in dolo.
La domanda non è fondata.
a)
La NASpI è un ammortizzatore sociale introdotto dall’art. 1 d.lgs. 4.3.2015, n. 22, che
all’art. 1 prevede: “ A decorrere dal 1° maggio 2015 è istituita presso la Gestione
prestazioni temporanee ai lavoratori dipendenti, di cui all'articolo 24 della legge 9
marzo 1989, n. 88, e nell'ambito dell'Assicurazione sociale per l'impiego (ASpI) di cui
all'articolo 2 della legge 28 giugno 2012, n. 92, una indennità mensile di
disoccupazione, denominata: «Nuova prestazione di Assicurazione Sociale per l'Impiego
(NASpI)», avente la funzione di fornire una tutela di sostegno al reddito ai lavoratori
con rapporto di lavoro subordinato che abbiano perduto involontariamente la propria
occupazione. La NASpI sostituisce le prestazioni di ASpI e mini-ASpI introdotte
dall'articolo 2 della legge n. 92 del 2012, con riferimento agli eventi di disoccupazione
verificatisi dal 1° maggio 2015”.
La prestazione fornita dalla NASpI ha natura certamente previdenziale (e non già
assistenziale) alla luce del combinato disposto ex art. 14 d.lgs. 22/2015 (“Alla NASpI si
applicano le disposizioni in materia di ASpI in quanto compatibili”) ed ex art.2 comma
25 L. 28.6.2012, n. 92, il quale prevede: “Con effetto sui periodi contributivi maturati a
decorrere dal 1° gennaio 2013, al finanziamento delle indennità di cui ai commi da 1 a
24 concorrono i contributi di cui agli articoli 12, sesto comma, e 28, primo comma, della
legge 3 giugno 1975, n. 160”.
Infatti anche di recente la Suprema Corte (Cass. 19.4.2021, n. 10274) ha confermato
quale criterio discretivo tra prestazione previdenziale e prestazione assistenziale la
circostanza che la prima viene finanziata attraverso contributi versati dall’assicurante e/o
dall’assicurato in favore dell’assicuratore.
Quindi la prestazione NASpI, venendo finanziata dagli stessi contributi, presenta la
medesima natura che possiede l’indennità di disoccupazione ordinaria non agricola di cui
all'art. 19 r.d.l. 14.4. 1939, n. 636 conv. dalla L.6.7.1939, n. 1272, il cui carattere
previdenziale (e non già assistenziale) è già stato affermato dalla Suprema Corte (Cass.
7.3.2003, n. 3488).
Ne deriva l’inconferenza al caso in esame del recente orientamento giurisprudenziale che
il ricorrente ha invocato a suo sostegno.
b)
Secondo il consolidato indirizzo della Suprema Corte (ex multis Cass. 10274/2021 cit.;
Cass. 2.12.2019, n. 31373; Cass. 1.12.2008, n. 28517; Cass. 5.10.2004, n. 19908;) la
disposizione, dettata in tema di irripetibilità delle somme indebitamente percepite,
dall’art. 552 L.9.3.1989, n. 88 (come pure le successive ex art. 13 L. 30.12.1991, n. 412
ed ex art. 1 co. da 260 e seguenti L. 23.12.1996, n. 662), da un lato concerne
esclusivamente la materia delle pensioni e non già qualsiasi prestazione previdenziale,
dall’altro ha natura di norma eccezionale ed è perciò insuscettibile di interpretazione
analogica.
Ne consegue che, costituendo l’indennità NASpI una prestazione previdenziale non
pensionistica (essendo diretta al sostegno di chi si trova in stato di bisogno), i relativi
indebiti sono assoggettati alla regola generale della ripetibilità contenuta nell’art. 2033
cod.civ. e non già alla disciplina speciale dell’art. 52 L. 88/1989.
Tale statuizione non può essere sospettata di incostituzionalità, avendo la Consulta
(sentenza n. 1989 del 1991) già ritenuto legittimo l’art. 52 L. 88/1989 nella parte in cui
limita la propria portata precettiva alle prestazioni pensionistiche.
In definitiva la domanda proposta dalla ricorrente XXX deve
essere rigettata.
4)
Stante la parziale soccombenza reciproca, si dispone la compensazione delle spese nella
misura di un quarto.
L’I.N.P.S. va condannato alla rifusione, in favore della ricorrente, dei residui tre quarti,
come liquidate in dispositivo, con distrazione in favore del difensore del ricorrente che si
è dichiarato antistatario ai sensi dell’art. 93 co.1 cod.proc.civ..
P.Q.M.
Il tribunale ordinario di Trento - sezione per le controversie di lavoro, in funzione di
giudice unico, definitivamente pronunciando, ogni altra domanda ed eccezione rigettata,
così decide:
1. Accerta che la ricorrente XXX non è decaduta dal diritto di
percepire l’indennità NASpI per 515 giorni a far data dall’8.10,2018, ma è incorsa
nella sospensione dell'erogazione di tale prestazione limitatamente alle giornate di
effettiva prestazione lavorativa svolte in esecuzione del rapporto di lavoro
intermittente (14 giornate nel mese di aprile 2019 e 12 giornate nel mese di maggio
2019) e al periodo di durata del rapporto di lavoro subordinato a tempo determinato
(1.6.-3.11.2019), con conseguente condanna dell’I.N.P.S. a corrispondere, in favore
della ricorrente i ratei già scaduti, con gli interessi legali decorrenti dal 121° giorno
successivo a quelli di maturazione dei crediti fino al saldo e con il maggior danno da
svalutazione, liquidato sulla base della differenza tra la variazione percentuale degli
indici ISTAT, intervenuta dagli stessi termini a quibus fino ad oggi, ed il saggio
legale degli interessi, nonché alla scadenza i ratei maturandi.
2. Condanna l’I.N.P.S. a corrispondere in favore della ricorrente l’indennità di
maternità obbligatoria ex art. 24 co.4 d.lgs. 26.3.2001, n. 151, con gli interessi legali
decorrenti dal 121° giorno successivo a quelli di maturazione dei crediti fino al saldo
e con il maggior danno da svalutazione, liquidato sulla base della differenza tra la
variazione percentuale degli indici ISTAT, intervenuta dagli stessi termini a quibus
fino ad oggi, ed il saggio legale degli interessi
3. Dichiara il diritto dell’I.N.P.S. a ripetere le somme corrisposte alla ricorrente
XXX a titolo di indennità NASpI limitatamente alle giornate
di effettiva prestazione lavorativa svolte in esecuzione del rapporto di lavoro
intermittente (14 giornate nel mese di aprile 2019 e 12 giornate nel mese di maggio
2019) e al periodo di durata del rapporto di lavoro subordinato a tempo determinato
(1.6.-3.11.2019).
4. Dispone la compensazione delle spese nella misura di un quarto.
5. Condanna l’I.N.P.S. alla rifusione, in favore della ricorrente, dei residui tre quarti,
liquidati nella somma di € 1.200,00, maggiorata del 15% per spese forfettarie ex art.
2 co.2 d.m. 10.3.2014, n. 55, oltre ad IVA e CNPA, con distrazione in favore
dell’avv. Giovanni Guarini che si è dichiarato antistatario ai sensi dell’art. 93 co.1
cod.proc.civ..
Trento, 20 luglio 2021
IL FUNZIONARIO GIUDIZIARIO IL GIUDICE
dott. Roberto Pepa dott. Giorgio Flaim