Discriminatoria la condotta dell'Inps che esclude gli stranieri dall'assegno di natalità

Tribunale Trento Sezione lavoro Ordinanza 22/03/2022 n. 37 Giudice Dr. Giorgio Flaim
Sentenza in sintesi:
testo della sentenza:

Tribunale Trento, Sez. lavoro, Ord., 22/03/2022, n. 37

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

TRIBUNALE ORDINARIO DI TRENTO

sezione lavoro

Il Tribunale, in funzione di giudice del lavoro, nella persona fisica del magistrato dott. Giorgio Flaim pronunzia la seguente

ORDINANZA

ex art. 28 co.1 D.Lgs. 1 settembre 2011, n. 150 ed ex art. 702ter ult.co. cod. proc. civ. nella causa per controversia in materia di discriminazione promossa con ricorso depositato in data 7.1.2020

da

Z.A.

rappresentata e difesa dall'avv. Giovanni Guarini pec giovanni.guarini@pec.it

ricorrente

contro

I.N.P.S.

in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'avv. Carlo De Pompeis e dall'avv. Marta Odorizzi, ed elettivamente domiciliato presso l'Ufficio legale della Sede provinciale di Trento dell'I.N.P.S., in Trento, via delle Orfane, 8,

pec avv.carlo.depompeis@postacert.inps.gov.it

convenuto

Svolgimento del processo - Motivi della decisione

le domande proposte dalla ricorrente

La ricorrente Z.A. -

premesso:

- di essere titolare di permesso di soggiorno per motivi familiari ex art. 30  D.Lgs. 25 luglio 1998, n. 286 , il quale, consentendo, secondo la previsione di cui al comma 2, "lo svolgimento di lavoro subordinato o autonomo", contiene la dicitura ex art. 5 co. 8.1. stesso D.Lgs. n. 286 del 1998  "permesso unico di lavoro";

- di aver dato alla luce in data 7.5.2019 il figlio M.H. (doc.2 fasc. ric.);

- di aver presentato all'I.N.P.S. in data 24.6.2019 domanda di attribuzione dell'assegno cd. di natalità ex art. 1  co. 125 L. 23 dicembre 2014, n. 190  ed ex art. 23quater co.1 D.L. 23 ottobre 2018, n. 119  conv. in L. 17 dicembre 2018, n. 136 ;

- di essersi vista rigettare, da parte dell'I.N.P.S., tale domanda esclusivamente perché cittadina di Stato extracomunitario sprovvista del permesso di soggiorno UE per soggiornanti di lungo periodo ex art. 9  D.Lgs. n. 286 del 1998 , che all'epoca costituiva requisito di accesso al beneficio;

propone domanda di accertamento del carattere discriminatorio della condotta tenuta dall'INPS e consistente nell'aver negato alla ricorrente la corresponsione dell'assegno de quo, con ordine all'Istituto di cessare immediatamente la condotta discriminatoria e conseguentemente di erogare alla ricorrente quel beneficio.

le ragioni della decisione

La domanda proposta dalla ricorrente è fondata per le concorrenti ragioni che seguono.

I)

Una diffusa giurisprudenza di merito ha ritenuto che il rigetto, da parte dell'I.N.P.S., della domanda di attribuzione dell'assegno di natalità ex art. 1  co. 125 L. n. 190 del 2014  viola il principio di non discriminazione enunciato dall'art. 12. paragrafo 1, lettera e), della direttiva 2011/98/UE  del Parlamento europeo e del Consiglio, del 13 dicembre 2011 ("relativa a una procedura unica di domanda per il rilascio di un permesso unico che consente ai cittadini di paesi terzi di soggiornare e lavorare nel territorio di uno Stato membro e a un insieme comune di diritti per i lavoratori di paesi terzi che soggiornano regolarmente in uno Stato membro"), secondo cui - con norma di portata chiara ed incondizionata dovendo, pertanto, di diretta applicazione orizzontale, con conseguente disapplicazione delle norme nazionali con essa contrastanti - "i lavoratori dei paesi terzi di cui all'articolo 3, paragrafo 1, lettere b e c)" vale a dire i "cittadini di paesi terzi che sono stati ammessi in uno Stato membro a fini diversi dall'attività lavorativa a norma del diritto dell'Unione o nazionale, ai quali è consentito lavorare e che sono in possesso di un permesso di soggiorno ai sensi del regolamento (CE) n. 1030/2002 " e i "cittadini di paesi terzi che sono stati ammessi in uno Stato membro a fini lavorativi a norma del diritto dell'Unione o nazionale" "beneficiano dello stesso trattamento riservato ai cittadini dello Stato membro in cui soggiornano per quanto concerne:… e) i settori della sicurezza sociale definiti nel regolamento (CE) n. 883/2004 ;"

Ciò perché l'assegno di natalità ex art. 1  co. 125 L. n. 190 del 2014  rientra nell'ambito della sicurezza sociale, oggetto del regolamento (CE) n. 883/2004  in quanto è diretto a tutelare economicamente la maternità e la paternità ed è corrisposta in modo automatico senza discrezionalità

D'altronde la Repubblica Italiana non si è avvalsa della facoltà di limitare la parità di trattamento in ordine ai diritti ex paragrafo 1, lettera e) rispetto ai cittadini di paesi terzi che non svolgano o non abbiano svolto un'attività lavorativa per un periodo minimo di sei mesi con successiva registrazione come disoccupati, e in ordine ai sussidi familiari rispetto ai cittadini di paesi terzi che sono stati autorizzati a lavorare nel territorio di uno Stato membro per un periodo non superiore a sei mesi.

Quindi questa giurisprudenza ha ritenuto discriminatorio il comportamento dell'INPS che neghi l'attribuzione dell'assegno de quo ai cittadini di Stato extracomunitario sprovvisti del prescritto permesso di soggiorno UE per soggiornanti di lungo periodo ex art. 9  D.Lgs. n. 286 del 1998 , ma in possesso di permesso di soggiorno che consenta l'esercizio di attività lavorativa (cd, permesso unico di lavoro ora previsto dall'art. 5 co.8.1. D.Lgs. n. 286 del 1998  dopo la novella ex D.Lgs. n. 40 del 2014 ).

II)

La Suprema Corte ha ritenuto necessario verificare la legittimità costituzionale dell'art. 1  co.125 L. n. 190 del 2014 , in relazione agli artt. 3  e 31  Cost., e art. 117  Cost., comma 1, quest' ultimo in relazione agli artt. 20, 21, 24, 31 e 34 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione Europea (CDFUE), proclamata a Nizza il 7 dicembre 2000 e adattata a Strasburgo il 12 dicembre 2007.

Infatti ha sostenuto che la disapplicazione della norma interna ex art. 1  co.125 L. n. 190 del 2014  perché in contrasto con il principio di non discriminazione ex art. 12. paragrafo 1, lettera e), della direttiva 2011/98/UE  non possa realizzare effetti analoghi a quelli derivanti dalla pronuncia di incostituzionalità in riferimento ai suddetti parametri. Ad avviso della Suprema Corte "solo in sede di giudizio costituzionale è possibile, infatti, valutare la ragionevolezza della scelta discrezionale legislativa, frutto di bilanciamento dei contrapposti interessi e considerare … gli indici normativi che avrebbero dovutocondurre il legislatore a riconoscere quale unico criterio selettivo giustificato e ragionevole il possesso della carta di soggiorno o di permesso di soggiorno di durata non inferiore ad un anno, previsto dal D.Lgs. n. 286 del 1998 , art. 41 , quale espressione di un principio generale, al fine di riconoscere ai titolari la piena equiparazione ai cittadini italiani ai fini della fruizione delle provvidenze e delle prestazioni, anche economiche, di assistenza sociale".

III)

La Consulta, con ordinanza del 30.7.2020, n. 182 , ha ritenuto di sottoporre alla Corte di giustizia dell'Unione europea, ai sensi e per gli effetti dell'art. 267  del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea  (TFUE), la seguente questione pregiudiziale:

"se l'art. 34 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea (CDFUE), proclamata a Nizza il 7 dicembre 2000 e adattata a Strasburgo il 12 dicembre 2007, debba essere interpretato nel senso che nel suo àmbito di applicazione rientrino l'assegno di natalità e l'assegno di maternità, in base all'art. 3, paragrafo 1, lettere b) e j), del regolamento (CE) n. 883/2004 , del Parlamento europeo e del Consiglio, del 29 aprile 2004, relativo al coordinamento dei sistemi di sicurezza sociale, richiamato dall'art. 12, paragrafo 1, lettera e), della direttiva 2011/98/UE , del Parlamento europeo e del Consiglio, del 13 dicembre 2011, relativa a una procedura unica di domanda per il rilascio di un permesso unico, e se, pertanto, il diritto dell'Unione debba essere interpretato nel senso di non consentire una normativa nazionale che non estende agli stranieri titolari del permesso unico di cui alla medesima direttiva le provvidenze sopra citate, già concesse agli stranieri titolari di permesso di soggiorno UE per soggiornanti di lungo periodo".

IV)

Con sentenza del 2.9.2012, C-350/20, ECLI:EU:C:2021:659, O.D. e altri contro I.N.P.S., la Corte di giustizia ha statuito che: "L'articolo 12, paragrafo 1, lettera e), della direttiva 2011/98/UE  del Parlamento europeo e del Consiglio, del 13 dicembre 2011, relativa a una procedura unica di domanda per il rilascio di un permesso unico che consente ai cittadini di paesi terzi di soggiornare e lavorare nel territorio di uno Stato membro e a un insieme comune di diritti per i lavoratori di paesi terzi che soggiornano regolarmente in uno Stato membro, deve essere interpretato nel senso che esso osta a una normativa nazionale che esclude i cittadini di paesi terzi di cui all'articolo 3, paragrafo 1, lettere b) e c), di tale direttiva dal beneficio di un assegno di natalità e di un assegno di maternità previsti da detta normativa".

V)

La Corte costituzionale, con sentenza n. 54 del 2022 , ha dichiarato l'illegittimità costituzionale:

"dell'art. 1 , comma 125, della L. 23 dicembre 2014, n. 190 , recante "Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge di stabilità 2015)", nella formulazione antecedente all'entrata in vigore dell'art. 3 , comma 4, della L. 23 dicembre 2021, n. 238  (Disposizioni per l'adempimento degli obblighi derivanti dall'appartenenza dell'Italia all'Unione europea - Legge europea 2019-2020), nella parte in cui escludedalla concessione dell'assegno di natalità i cittadini di Paesi terzi che sono stati ammessi nello Stato a fini lavorativi a norma del diritto dell'Unione o nazionale e i cittadini di Paesi terzi che sono stati ammessi a fini diversi dall'attività lavorativa a norma del diritto dell'Unione o nazionale, ai quali è consentito lavorare e che sono in possesso di un permesso di soggiorno ai sensi del regolamento (CE) n. 1030/2002  del Consiglio, del 13 giugno 2002, che istituisce un modello uniforme per i permessi di soggiorno rilasciati a cittadini di Paesi terzi;".

"in via consequenziale, ai sensi dell'art. 27  della L. 11 marzo 1953, n. 87  (Norme sulla costituzione e sul funzionamento della Corte costituzionale) … dell'art. 23-quater , comma 1, del D.L. 23 ottobre 2018, n. 119  (Disposizioni urgenti in materia fiscale e finanziaria), convertito, con modificazioni, nella L. 17 dicembre 2018, n. 136 … nella parte in cui escludono dalla concessione dell'assegno di natalità i cittadini di Paesi terzi che sono stati ammessi nello Stato a fini lavorativi a norma del diritto dell'Unione o nazionale e i cittadini di Paesi terzi che sono stati ammessi a fini diversi dall'attività lavorativa a norma del diritto dell'Unione o nazionale, ai quali è consentito lavorare e che sono in possesso di un permesso di soggiorno ai sensi del regolamento (CE) n. 1030/2002 ".

Alla luce della cessazione, per illegittimità costituzionale dell'efficacia della norma (art. 135  co.1 Cost.) che precludeva alla ricorrente il riconoscimento del beneficio, deve essere dichiarato in capo a Z.A. il diritto di ricevere l'assegno ex art. 1  co.125 L. n. 190 del 2014  ed ex art. 23quater D.L. n. 119 del 2018 , con conseguente condanna dell'I.N.P.S. alla corresponsione delle relative prestazioni, con le maggiorazioni ex art.16  co. 6 L. n. 412 del 1991 .

Le spese, come liquidate in dispositivo, seguono la soccombenza, con distrazione in favore del difensore della ricorrente che si è dichiarato antistatario ai sensi dell'art. 93  co.1 cod. proc. civ..

P.Q.M.

Il tribunale ordinario di Trento - sezione per le controversie di lavoro, in funzione di giudice unico, definitivamente pronunciando, ogni altra domanda ed eccezione rigettata, così decide:

1. Dichiara in capo alla ricorrente Z.A. il diritto di ricevere l'assegno ex art. 1  co. 125 L. 23 dicembre 2014, n. 190  ed ex art. 23quater co.1 D.L. 23 ottobre 2018, n. 119  conv. in L. 17 dicembre 2018, n. 136 , in relazione alla nascita, in data 7.5.2019, del figlio M.H..

2. Condanna l'I.N.P.S. a corrispondere in favore della ricorrente le conseguenti prestazioni, con gli interessi legali decorrenti dal 121 giorno successivo a quelli di maturazione dei crediti fino al saldo e con il maggior danno da svalutazione, liquidato sulla base della differenza tra la variazione percentuale degli indici ISTAT, intervenuta dagli stessi termini a quibus fino ad oggi, ed il saggio legale degli interessi.

3. Condanna l'I.N.P.S. alla rifusione, in favore della ricorrente, delle spese di giudizio, liquidate nella somma di € 2.000,00, maggiorata del 15% per spese forfettarie ex art. 2  co.2 D.M. 10 marzo 2014, n. 55 , oltre ad IVA e CNPA, con distrazione in favore dell'avv. Giovanni Guarini che si è dichiarato antistatario ai sensi dell'art. 93  co.1 cod. proc. civ..

Conclusione

Così deciso in Trento il 22 marzo 2022.

Depositata in Cancelleria il 22 marzo 2022.

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