REPUBBLICA ITALIANA
TRIBUNALE ORDINARIO DI TRENTO
sezione lavoro
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale, in funzione di giudice del lavoro, nella persona fisica del magistrato dott.
Giorgio Flaim pronunzia la seguente
S E N T E N Z A
nella causa per controversia in materia di lavoro promossa con ricorso depositato in data
22.7.2019
d a
rappresentato e difeso dall’avv. Giovanni Guarini,
pec giovanni.guarini@pec.it
ricorrente
c o n t r o
rappresentata e difesa dall’avv. Romano Niccolini
pec romano.niccolini@pectrentoavvocati.it
convenuto
MOTIVAZIONE
Con sentenza non definitiva n. 70/2020 del 17.5.2020 questo giudice ha così statuito:
“Il tribunale ordinario di Trento - sezione per le controversie di lavoro, in persona del giudice
istruttore, in funzione di giudice unico, dott. Giorgio Flaim, NON definitivamente pronunciando,
ogni altra domanda ed eccezione rigettata, così decide:
1. Accerta che l’infortunio, occorso al ricorrente ------ in data 10.7.2017, durante lo
svolgimento delle sue prestazioni alle dipendenze della società convenuta --------è
eziologicamente collegato alle condotte colpose della società datrice nella misura dell’ottanta
per cento e alla condotta colposa del lavoratore nella misura del venti per cento.
2. Rigetta la domanda, proposta dal ricorrente ---------------, di corresponsione
dell’indennità sostitutiva delle ferie assertamente non godute nel periodo 8.2. -30.4.2019.
3. Riserva alla definizione del giudizio la pronuncia sulla liquidazione delle spese.
4. Dispone con separata ordinanza per il proseguimento della trattazione”
In data 18.4.2021 il c.t.u. dott. Scillieri, previo esame dei dati anamnestici e della
documentazione medica in atti, nonché grazie a una congrua e logica motivazione di
ordine tecnico-scientifico, ha accertato che:
1)
per effetto dell’infortunio occorso in data 10.7.2017 a ------------sono a lui
derivate le seguenti lesioni: “frattura a più frammenti dell’ala iliaca sinistra, frattura
pluriframmentaria per-sotto-trocanterica ad estensione al collo femorale sinistro; ferita
penetrante alla radice della coscia sinistra; frattura dei processi trasversi di D12, L1,
L2, L3, L4, L5 a destra”;
2)
le predette lesioni hanno determinato:
una menomazione all’integrità psico-fisica permanente parziale del 38%,
una menomazione all’integrità psico-fisica temporanea totale di 80 giorni,
una menomazione all’integrità psico-fisica temporanea parziale al 75% di 90 giorni,
una menomazione all’integrità psico-fisica temporanea parziale al 50% di 90 giorni,
una menomazione all’integrità psico-fisica temporanea parziale al 40% di 320 giorni,
il pregiudizio “in via definitiva della capacità lavorativa specifica di
muratore/operaio edile, trovando ciò conferma anche nel giudizio di permanente
inidoneità allo svolgimento delle mansioni espresso dapprima dal medico
competente (in data 9 febbraio 2019) e in data 12 aprile 2019 dalla competente
commissione medico-legale dell’Azienda sanitaria… considerate le attitudini del
periziando –ovvero nella fattispecie la sua scolarità e le sue precedenti esperienze
lavorative (si ricorda che egli ha svolto unicamente l’attività di operaio edile fin
dall’inizio della sua vita lavorativa) che portano a ricondurre le sue residue
potenzialità lavorative nell’ambito di quella che veniva definita “capacità lavorativa
generica” – nonché considerata la sua età anagrafica che già di per sé non agevola
una ricollocazione nel mercato del lavoro, si deve ritenere che realistiche e non solo
ipotetiche possibilità di un’utile e proficua ricollocazione lavorativa del ricorrente in
attività confacenti siano perseguibili ricorrendo alle previsioni della legge 68/99 e in
particolare all’iscrizione nelle liste del collocamento mirato”.
Le critiche espresse dal c.t. di parte ricorrente in punto determinazione della
menomazione all’integrità psico-fisica permanente parziale e della menomazione
all’integrità psico-fisica temporanea risultano abbandonate in sede di note finali
autorizzate, depositate in data, 16.12.2021, dove parte ricorrente ha svolto le proprie
difese sulla base della valutazioni medico-legali formulate dal c.t.u..
in ordine alla liquidazione dei danni non patrimoniali subiti dal ricorrente
E’ ora possibile procedere, in primo luogo, alla concreta liquidazione dei danni non
patrimoniali subiti dal ricorrente _____________ in conseguenza delle
menomazioni riportate a seguito dell’infortunio sul lavoro occorsogli in data 10.7.2017.
§1
In conformità all'orientamento assunto dai giudici di questo tribunale si ritiene di adottare
per la quantificazione del danno biologico le tabelle elaborate dal tribunale di Milano nel
2021 (nelle obbligazioni da risarcimento danni per equivalente, la prestazione ha ad
oggetto il valore economico del bene illecitamente distrutto, leso o non conseguito, e
viene adempiuta con la corresponsione di una somma di denaro in funzione succedanea
rispetto all'utilità originaria, cui deve essere (appunto) equivalente in termini di potere di
acquisto – in questo senso Cass. 28.2.2017, n. 5013; Cass. 17.4.2013, n. 92311
; Cass.11.5.2012, n. 7272;), le quali ora propongono la liquidazione:
1)
del danno non patrimoniale conseguente “a lesione permanente dell’integrità psicofisica
della persona suscettibile di accertamento medico-legale”, sia nei suoi risvolti anatomofunzionali e relazionali medi ora definito “danno biologico/dinamico-relazionale” (in
precedenza liquidato quale danno biologico “standard”), sia in quelli peculiari (in
precedenza liquidato quale personalizzazione per particolari condizioni soggettive del
danno biologico);
2)
del danno non patrimoniale conseguente alle medesime lesioni in termini di “dolore”,
“sofferenza soggettiva”, in via di presunzione in riferimento ad un dato tipo di lesione
ora definito “danno da sofferenza soggettiva interiore” media presumibile in quanto
ordinariamente conseguente alla lesione dell’integrità psicofisica accertata (in
precedenza liquidato quale danno morale).
A tal fine è stata, in primo luogo, redatta una tabella di valori monetari “medi”
corrispondenti al caso di incidenza della lesione in termini “standardizzabili” in quanto
frequentemente ricorrenti (sia circa gli aspetti anatomo-funzionali, sia circa gli aspetti
relazionali, sia circa gli aspetti di sofferenza soggettiva);
in secondo luogo sono state fissate percentuali di aumento di tali valori “medi” da
utilizzarsi, onde consentire una adeguata “personalizzazione” complessiva della
liquidazione, laddove il caso concreto presenti peculiarità che vengano allegate e provate
(anche in via presuntiva) dal danneggiato, in particolare:
sia quanto agli aspetti anatomo-funzionali e relazionali (ad es. lavoratore soggetto a
maggior sforzo fisico senza conseguenze patrimoniali; lesione al “dito del pianista
dilettante”),
sia quanto agli aspetti di sofferenza soggettiva (ad es. dolore al trigemino, specifica
penosità delle modalità del fatto lesivo),
ferma restando la possibilità che il giudice moduli la liquidazione oltre i valori massimi
in relazione a fattispecie del tutto eccezionali rispetto alla casistica comune degli illeciti.
Nella versione del 2021 si è proceduto a una rivisitazione grafica delle tabelle, fermi i
valori monetari come aggiornati secondo gli indici ISTAT, lasciando invariati i valori
espressi nella seconda e quarta colonna delle tabelle:
a) nella terza colonna delle tabelle (che nella edizione 2018 conteneva solo
l’indicazione dell’aliquota percentuale di aumento del punto di danno biologico per la
componente di sofferenza soggettiva) è stata aggiunta la specifica indicazione
dell’aumento in termini monetari;
b) nella quinta colonna delle tabelle (che nella edizione del 2018 recava solo
l’ammontare complessivo del danno non patrimoniale, inclusivo del danno biologico
e del danno morale sofferenza soggettiva) è stata aggiunta l’indicazione dell’importo
monetario di ciascuna delle citate componenti;
c) infine, si è aggiornata la terminologia usata nell’intestazione delle colonne,
prendendo atto che le voci di danno non patrimoniale, prima denominate “danno
biologico” e “danno morale/sofferenza soggettiva”, sono attualmente dalla
giurisprudenza di legittimità e dalla dottrina definite come “danno
biologico/dinamico-relazionale” e “danno da sofferenza soggettiva interiore” media
presumibile (ordinariamente conseguente alla lesione dell’integrità psicofisica
accertata).
Si è precisato che tale rivisitazione della Tabella ha natura meramente grafica e non
modifica in alcun modo i valori monetari, la struttura della Tabella e l’andamento della
curva delle liquidazioni. Con questo ritocco grafico, infatti, si esplicitano per comodità
del lettore gli addendi monetari delle singole componenti del danno non patrimoniale che
erano già compresi nel totale di cui alla colonna 5 (in precedenza già calcolabili mediante
una semplice operazione aritmetica).
A tal fine appare utile richiamare le istruzioni allegate a dette tabelle nella parte in cui
precisano che il valore del “punto” delle tabelle precedenti (relativo alla sola componente
di danno non patrimoniale anatomo-funzionale) è stato “aumentato in riferimento
all’inserimento nel valore di liquidazione “media” anche della componente non
patrimoniale relativa alla “sofferenza soggettiva” di una percentuale ponderata (dall’1
al 9% di invalidità l'aumento è del 25% fisso, dal 10 al 34% di invalidità l'aumento è
progressivo per punto dal 26 al 50%, dal 35 al 100% di invalidità l'aumento torna ad
essere fisso al 50%), così tenendo conto del fatto che, a partire dal 10% di invalidità, in
concreto le liquidazioni giurisprudenziali ante 11.11.2009 si sono costantemente
attestate intorno ai valori più alti della fascia relativa al cd. danno morale, secondo le
tabelle all'epoca in uso parametrato tra un quarto e la metà del valore di liquidazione
del cd. danno biologico”.
Sempre il tribunale di Milano ha proposto, in riferimento al danno non patrimoniale
temporaneo derivante da lesione alla persona, una liquidazione congiunta del danno
biologico/dinamico-relazionale e del danno da sofferenza soggettiva, elevando il valore
precedentemente fissato da un minimo di € 99,00 fino a una maggiorazione massima del
50%, qualora sussistano comprovate peculiarità, così da consentire l’adeguamento del
risarcimento alle caratteristiche del caso concreto.
§2
Ne consegue che, avendo il lavoratore infortunato ____________(nato il
15.6.1963) alla data del sinistro (10.7.2017) un'età di 54 anni ed essendo derivata dalle
lesioni subite una menomazione all’integrità psico-fisica permanente parziale del 38%, il
danno non patrimoniale permanente (comprensivo del danno biologico/dinamicorelazionale e del danno da sofferenza soggettiva interiore) ammonta a €
(7.698,30x38x0,735) = 215.014,00.
Occorre ora verificare se il caso in esame presenti peculiarità tali da comportare una
personalizzazione nella quantificazione del danno.
Assumono qui rilievo le valutazioni espresse con motivazione assai puntuale dal c.t.u.:
“… è da ritenere che a decorrere dalla data dell’infortunio la possibilità per il ricorrente
di effettuare camminate in montagna, giri in bicicletta con mountain bike e bicicletta da
corsa nonché viaggi in motocicletta sia stata di fatto pressoché del tutto compromessa,
potendo egli attualmente semmai deambulare per brevi distanze e su terreno non
accidentato; a maggior ragione è da ritenere compromessa la possibilità di praticare lo
sci alpino ed effettuare escursioni con ciaspole e ramponi; altresì compromessa è la
possibilità di praticare l’attività di istruttore di spinning se non limitandosi
all’insegnamento della parte teorica”.
Infatti si tratta di lesioni permanenti dell’integrità psicofisica, compiutamente accertate
sotto il profilo medico-legale, che incidono in misura eccedente l’ordinario sui risvolti di
tipo relazionale in quanto impediscono al ricorrente di continuare a svolgere peculiari
attività di carattere ricreativo, cui si dedicava abitualmente nel proprio tempo libero
prima dell’infortunio (come emerge dalle deposizioni dei testi_______ e __________quali effettuare escursioni a piedi in montagna, d’inverno e d’estate, praticare
gli sport della bicicletta (da corsa e da montagna) e dello sci alpino, dedicarsi a viaggi in
motocicletta, prestare insegnamento a livello amatoriale quale istruttore di spinning in
palestra.
Occorre, però, considerare che nel contempo il c.t.u. ha ritenuto, pure con motivazione
congrua e logica di natura tecnico-scientifica che: “… tenuto conto dell’obiettività
rilevata in costanza di accertamenti peritali, non appaiono tuttavia sussistere i
presupposti menomativi tali per cui il ricorrente debba di necessità essere
accompagnato da qualcuno ogni qual volta esca di casa, essendo l’uso del bastone
adeguato a garantire la deambulazione con un ragionevole margine di sicurezza.
Analoghe considerazioni valgono per il capitolo 12, laddove non si ritiene che l’attuale
menomazione – valutata nella misura del 38% – pregiudichi a tal punto lo svolgimento
delle attività indicate da far assimilare il ricorrente a un soggetto con necessità di
accompagnamento e assistenza continua per lo svolgimento degli atti della vita
quotidiana. Ancora più aleatoria diviene l’attribuzione alla menomazione attualmente
sofferta dal ricorrente del ruolo di antecedente causale (inteso quale condizione
necessaria e di per sé sufficiente) di quanto asserito ai capitoli 13 (insonnia) e 15
(assenza del desiderio sessuale e estremo condizionamento nei rapporti e relazioni con
la propria coniuge). Anche qualora si volesse ammettere tale ipotesi, si deve convenire
sul fatto che, a prescindere dalla prova testimoniale, dal punto di vista clinico al
momento non risulta sussistere alcun elemento in tal senso”.
Quindi appare equo applicare al danno non patrimoniale “medio”, commisurato
all’incidenza standard delle lesioni, una maggiorazione, a titolo di personalizzazione
quanto agli aspetti relazionali, pari al dieci per cento, di talché il danno non patrimoniale
permanente complessivamente risarcibile al ricorrente ammonta ad € (215.014,00 +
21.501,00=) 236.515,00.
In virtù del concorso di colpa del ricorrente, accertato nella misura del 20%, il danno non
patrimoniale risarcibile è pari ad € (236.515,00 – 47.303,00=) 189.212,00.
La somma di € 189.212,00, essendo liquidata con riferimento al valore della moneta
risalente al gennaio 2021, data di redazione delle tabelle di Milano qui applicate, va
maggiorata, ai sensi dell'art. 429 co.3 cod.proc.civ. (norma "risuscitata" dalla
dichiarazione di illegittimità costituzionale dell'art. 22 co.36 L.23.12.1994, n.724 ex
Corte Cost.2.11.2000, n.459;):
a) del maggior danno da svalutazione liquidato sulla base della variazione percentuale
degli indici ISTAT, intervenuta dalla data di redazione delle tabelle Milano (gennaio
2021) fino ad oggi
b) degli interessi legali su detta somma, devalutata secondo la variazione degli indici
ISTAT intervenuta dalla data del fatto (10.7.2017) sino alla redazione delle tabelle di
Milano (gennaio 2021) e poi via via rivalutata anno per anno sino all'effettivo
pagamento.
Come già statuito nella sentenza non definitiva n. 70/2020, il diritto del ricorrente a
ottenere dalla società convenuta il risarcimento del danno biologico da menomazione
permanente concerne la parte eccedente l’ammontare dell’indennizzo erogato a tale titolo
dall’I.N.A.I.L. (integrante il cd. danno differenziale);
emerge dalla certificazione, emessa dall’I.N.A.I.L. in data 19.4.2019 e depositata dal
ricorrente sub doc. 17, che il valore capitale della rendita per indennizzo del danno
biologico alla data del 19.4.2019 ammonta a € 96.408,00;
a tale somma va aggiunta la quota di ratei già pagati imputabile all’indennizzo per danno
biologico permanente pari a € (2.390,15x34,67%=) 829,00;
quindi l’importo spettante al ricorrente a titolo di risarcimento del danno biologico
permanente va diminuito della somma complessiva di € (96.408,00+829,00=) 97.237,00.
§3
Il danno non patrimoniale temporaneo ammonta – applicando, nell’ambito
dell’intervallo da € 99,00 ad € 148,50, al valore standard un incremento del 25% (per un
importo di € 124,00), in ragione della pluralità (tre) di ricoveri ospedalieri con relativi
interventi chirurgici e dei numerosissimi esami e visite cui l’infortunato si è dovuto
sottoporre, come emerge dal diario diagnostico-terapeutico accuratamente riportato dal
c.t.u. a pag. 3-7 del suo elaborato – ad € [(124,00x80=) 9.920,00 + (124,00x90/75=)
8.370,00 + (124,00x90/50=) 5.580,000 + (124,00x320x40=) 15872,00=] 39.742,00.
In virtù del concorso di colpa del ricorrente, accertato nella misura del 20%, il danno non
patrimoniale risarcibile è pari ad € (39.742,00 - € 7.948,00=) 31.794,00.
Tale somma, essendo liquidata con riferimento al valore della moneta risalente al
gennaio 2021, data di redazione delle tabelle di Milano qui applicate, va maggiorata ai
sensi dell'art. 429 co.3 cod.proc.civ.:
a) del maggior danno da svalutazione liquidato sulla base della variazione percentuale
degli indici ISTAT, intervenuta dalla data di redazione delle tabelle Milano (gennaio
2021) fino ad oggi,
b) degli interessi legali su detta somma, devalutata secondo la variazione degli indici
ISTAT intervenuta dalla data del fatto (10.7.2017) sino alla redazione delle tabelle di
Milano (gennaio 2021) e poi via via rivalutata anno per anno sino all'effettivo
pagamento.
Contrariamente a quanto sostiene parte convenuta, nessuna decurtazione deve essere
applicata in ragione dell’erogazione, in favore del ricorrente, da parte di I.N.A.I.L.,
dell’indennità per inabilità assoluta temporanea ex art. 66 d.P.R. 30.6.1965, n. 1124, la
quale, come da tempo evidenziato dalla Suprema Corte (Cass. 8.4.2019, n. 9744; Cass.
13.8.2008, n. 21590; Cass. 5.2.1983, n. 1005;), è diretta a ristorare il pregiudizio
all’incapacità lavorativa specifica (danno patrimoniale) e non già quello all’integrità
psico-fisica (danno biologico).
in ordine alla liquidazione dei danni patrimoniali subiti dal ricorrente
§1
Come si è già ricordato, il c.t.u. ha accertato che, a causa delle lesioni riportate dal
ricorrente nell’infortunio de quo, è derivata la perdita della capacità lavorativa specifica
di muratore/operaio edile, lasciando residuare una capacità di svolgere attività
confacenti alle sue attitudini3
, che, considerata la sua scolarità, le sue precedenti esperienze lavorative (tutte riconducibili alle prestazioni di operaio edile) e la sua età
anagrafica (che già di per sé non agevola una ricollocazione nel mercato del lavoro),
poteva realisticamente esplicarsi successivamente alla stabilizzazione dei postumi
permanenti solo grazie alle previsioni della L. 12.3.1999, n. 68 a tutela del lavoro dei
disabili, in particolare previa iscrizione nelle liste del collocamento mirato, alla luce della
misura della rendita riconosciutagli dall’I.N.A.I.L..
Il ricorrente, quindi, è titolare solamente di una chance occupazionale che può essere
equitativamente determinata nella misura del 30%, di talché l’incapacità di lavoro
determinante perdite reddituali risulta pari al 70%.
Un tempo questo giudice utilizzava, ai fini della liquidazione del danno patrimoniale per
perdita permanente della capacità lavorativa, i coefficienti di cui alla tabella approvata
con r.d. 9.10.1922, n. 1403, escluso lo scarto tra vita fisica e vita lavorativa, alla luce
dell’orientamento della Suprema Corte (Cass. 5.6.2012, n. 8985; Cass. 2.7.2010, n.
15738; Cass. 2.3.2004, n. 4186; Cass. 1.7.1998, 6420;), secondo cui il mancato calcolo di
tale scarto costituisce un mezzo idoneo ad eliminare l’obsolescenza di detta tabella
dovuta al fatto che fu calcolata sulla base delle tavole di sopravvivenza della popolazione
italiana desunte dai censimenti del 1901 e del 1911 e sulle statistiche mortuarie degli
anni 1910-1912, mentre, rispetto a quella data, la vita media degli italiani si è allungata
di circa 25 anni.
Ora, però, è necessario prendere atto che la Suprema Corte, con due pronunce più recenti
(Cass. 14.10.2015, n. 20615; Cass. 30.7.2015, n. 16197; conf. da ultimo Cass. 31.8.2020,
n. 18093) ha ritenuto, secondo la prima, non più utilizzabili in assoluto, ad avviso della
seconda non più applicabili de plano, i coefficienti di cui alla tabella ex r.d. 1403/1922
anche con il correttivo rappresentato dalla mancata considerazione dello scarto tra vita
fisica e vita lavorativa.
Cass. 20615/2015 ha lucidamente statuito:
“Il risarcimento del danno deve essere integrale: cioè comprendere tanto la perdita
subita, quanto il mancato guadagno (art. 1123 c.c.).
Il danno da perdita della capacità di lavoro e di guadagno è un danno permanente: esso
infatti è destinato a riprodursi anno per anno, per tutta la vita lavorativa della vittima.
L'integrale risarcimento del danno permanente può avvenire in due modi: vuoi in forma
di rendita (art.), vuoi in forma di capitale. Per trasformare in capitale il reddito perduto
de die in diem dalla vittima sono possibili in teoria due criteri.
Il primo consiste nel sommare tutti i renditi che la vittima perderà tra il momento della
liquidazione e il momento futuro in cui avrebbe comunque cessato il lavoro, e quindi
nell'applicare al risultato un saggio di sconto, per tenere conto del fatto che la vittima
percepisce immediatamente redditi che, se fosse rimasta sana, avrebbe incassato solo tra
n anni (e quindi il danneggiato trarrebbe vantaggio dal risarcimento se non si
eliminasse, attraverso lo sconto, il cd. "montante di anticipazione").
Il secondo criterio consiste ne moltiplicare il reddito annuo perduto dalla vittima (al
netto delle imposte e debitamente rivalutato all'epoca della liquidazione) per un numero
che tenga già conto del montante di anticipazione.
Questo numero è detto coefficiente di capitalizzazione.
I coefficienti di capitalizzazione approvati con R.D. 9 ottobre 1922, n. 1403 sono stati
calcolati sulla base delle tavole di mortalità ricavate dal censimento della popolazione
italiana del 1911, e presuppongono una produttività del denaro al saggio del 4,5%.
I suddetti coefficienti non consentono l'integrale ristoro del danno prescritto c.c., e la
loro adozione non è dunque consentita nemmeno in via equitativa, ai sensi dell'art. 1226
c.c..
Ciò per quattro ragioni.
La prima ragione è che la vita media della popolazione italiana si è notevolmente
accresciuta nel secolo trascorso tra il 1922 ed il 2015. Nel 2014 l'Istituto Nazionale di
Statistica ha determinato la speranza di vita alla nascita per la popolazione italiana in
80,2 anni per gli uomini ed 84,9 anni per le donne.
Nel 1900 la speranza di vita media della popolazione italiana (calcolata, all'epoca,
indistintamente per maschi e femmine) era di soli 54,9 anni. Pertanto liquidare il danno
permanente in base ad un coefficiente calcolato su una speranza di vita inferiore di oltre
un terzo a quella reale non può dirsi in alcun modo un risarcimento "integrale" ai sensi
dell'art. 1223 c.c..
La seconda ragione è che i coefficienti di capitalizzazione di cui al R.D. n. 1403 del 1922
sono unici per maschi e femmine, mentre la durata della vita media è diversa per i due
sessi. Ciò conduce ad una sovrastima del danno patito dalla vittima maschile, e ad una
sottostima per le vittime dell'altro sesso. Anche tale circostanza non soddisfa, pertanto,
la regola di integralità di cui all'art. 1223 c.c..
La terza ragione è che i coefficienti di capitalizzazione di cui al R.D. n. 1403 del 1922
sono calcolati ad un saggio del 4,5%. Tale saggio indica la quota di risarcimento che
viene detratta per tenere conto della anticipata capitalizzazione, rispetto all'epoca futura
in cui il danno si sarebbe effettivamente verificato. Il saggio al quale viene calcolato il coefficiente di capitalizzazione indica dunque il "vantaggio" che il creditore
teoricamente acquisisce per effetto del pagamento immediato, ed è pari alla ipotetica
remunerazione che il denaro ottenuto gli dovrebbe garantire attraverso le forme più
comuni di investimento senza rischio di capitale.
Il saggio del 4,5%, al quale sono calcolati i coefficienti di cui ai 1922, non è più
corrispondente alla realtà, in un'epoca in cui il tasso legale degli interessi è pari allo
0,5% e gli investimenti in titoli a reddito fisso raramente garantiscono rendimenti
superiori al 2%.
Pertanto l'adozione dei coefficienti di cui al R.D. n. 1403 del 1922 ha l'effetto di
decurtare dal risarcimento un importo superiore a quello che, per effetto dell'anticipato
pagamento, il danneggiato potrebbe ottenere attraverso l'impiego proficuo di quella
somma:
anche sotto tale profilo, pertanto, i coefficienti in esame non soddisfano la regola di
integralità di cui all'art. 1223 c.c..
La quarta ragione è che il R.D. 9 ottobre 1922, n. 1403 è stato implicitamente abrogato
per effetto della soppressione della Cassa Nazionale per Assicurazioni Sociali (CNAS,
ovvero l'ente erogatore delle prestazioni disciplinate dal suddetto decreto), e della sua
sostituzione dapprima dall'Istituto Nazionale Fascista della Previdenza Sociale (1933), e
quindi dall'Istituto Nazionale della Previdenza Sociale (INPS), e comunque per effetto
della riforma dei criteri di calcolo della pensione sociale.
Per ovviare agli inconvenienti sopra descritti, ovviamente il giudice di merito resta
libero di adottare i coefficienti di capitalizzazione che ritiene preferibili, purché
aggiornati e scientificamente corretti. Potranno a tal fine essere adottati i coefficienti di
capitalizzazione approvati con provvedimenti normativi vigenti per la capitalizzazione
delle rendite previdenziali o assistenziali, come pure i coefficienti elaborati dalla dottrina per la specifica materia del risarcimento del danno aquiliano: a mero titolo
indicativo, quelli diffusi dal Consiglio Superiore della Magistratura ed allegati agli Atti
dell'Incontro di studio per i magistrati, svoltosi a Trevi il 30 giugno - 1 luglio 1989 (in
Nuovi orientamenti e nuovi criteri per la determinazione del danno, Quaderni del CSM,
1990, n. 41, pp. 127 e ss.)”.
Nell'esercizio dei poteri equitativi conferiti al giudice di merito ex artt. 1226 e 2056
cod.civ. appare congruo utilizzare questi ultimi coefficienti.
Anche in proposito si ritiene congruo, come si è osservato in dottrina, non considerare lo
scarto tra vita fisica e vita lavorativa sia perché vi sono sottese tavole di mortalità della
popolazione italiana comunque risalenti a 35 anni fa (1981), sia perché detto scarto, pur
aumentando la prospettiva di vita, non è considerevolmente aumentato stante
l'innalzamento dei requisiti necessari per la maturazione dei trattamenti pensionistici, sia
perché una minore capacità di guadagno si riflette negativamente anche sull'ammontare
di tali trattamenti.
Quindi, considerato il coefficiente di capitalizzazione corrispondente all’età di 54 anni
(20,3801), di cui al Quaderno CSM n. 41 del 1990 e la retribuzione annua di € 20.831,10,
indicata dal ricorrente e non contestata dalla società convenuta e aumentata, dovendosi
considerare i probabili incrementi futuri (Cass. 18.5.2012, n. 7932; Cass. 9.5.2011, n.
10108; Cass. 19.2.2007, n. 3758), a € 24.000,00, il danno patrimoniale permanente, al
cui risarcimento il ricorrente ha diritto, ammonta ad € [(24.000,00 x 70 x 20,3801 / 100]
= 342.386,00.
In virtù del concorso di colpa del ricorrente, accertato nella misura del 20%, il danno non
patrimoniale risarcibile è pari ad € (342.386,00 - 68.477,00=) 273.909,00.
Detta somma va maggiorata, ai sensi dell'art. 429 co.3 cod.proc.civ., con il maggior
danno da svalutazione liquidato sulla base della variazione percentuale degli indici ISTAT, intervenuta dalla data del sinistro (10.7.2017) fino ad oggi, e con gli interessi
legali computati sulla somma così rivalutata e decorrenti dallo stesso termine a quo fino
al saldo.
Come già statuito nella sentenza non definitiva n. 70/2020, il diritto del ricorrente a
ottenere dalla società convenuta il risarcimento del danno patrimoniale concerne la parte
eccedente l’ammontare dell’indennizzo erogato a tale titolo dall’I.N.A.I.L. (integrante il
cd. danno differenziale);
emerge dalla certificazione, emessa dall’I.N.A.I.L. in data 19.4.2019 e depositata dal
ricorrente sub doc. 17, che il valore capitale della rendita per indennizzo del danno
patrimoniale alla data del 19.4.2019 ammonta a € 181.657,00; a tale somma va aggiunta
la quota di ratei già pagati imputabile all’indennizzo per danno patrimoniale permanente
€ (2.390,15x65,33%=) 1.561,00, per un totale di € 183.218,00;
quindi l’importo spettante al ricorrente a titolo di risarcimento del danno patrimoniale
permanente va diminuito della somma complessiva di € (181.657,00 + 1.561,00=)
183.218,00.
§2
Il ricorrente agisce, altresì, per il rimborso delle spese mediche documentate (doc. 5 fasc.
ric.14) per complessivi € 1.039,80.
In proposito il c.t.u. ha ritenuto: “Mentre per alcune di tali pezze la descrizione della
merce ivi riportata rende evidente e certa la loro pertinenza alla spese di cura (acquisto
del corsetto, del bastone, del rialzo, ecc), per quanto riguarda gli scontrini di farmacia –
sui quali per motivi di “privacy” ormai da tempo non viene più riportata la descrizione
del farmaco/prodotto a cui l’importo si riferisce, venendo riportata solo una del tutto
generica indicazione che, in quanto tale, non consente di avere certezze al riguardo – si
ritiene che nella fattispecie essi possano essere considerati pertinenti in quanto compatibili con le prescrizioni fatte alla dimissione dall’ospedale e in occasione dei
successivi controlli, essendo oltretutto i relativi importi invero modesti”.
Tali valutazioni sono condivisibili sia perché sorrette da motivi persuasive, sia perché
rimaste immuni da censure delle parti.
I costi assunti dal ricorrente per il rilascio di documentazione medica e per l’assistenza
tecnica, apparendo funzionali all’esercizio del diritto di difesa nel presente procedimento,
devono essere ricondotti, alle spese di giudizio.
In virtù del concorso di colpa del ricorrente, accertato nella misura del 20%, il danno non
patrimoniale risarcibile è pari ad € (1.039,50 - 207,90=) 831,60.
Quindi la società convenuta va condannata a corrispondere al ricorrente, a titolo di
rimborso spese mediche documentate, la somma di € 831,60;
tale somma va maggiorato ex art.429 co.3 cod.proc.civ. (con gli interessi legali dovuti sul
capitale via via rivalutato ogni fine anno secondo quanto stabilito in Cass. S.U.
29.1.2001, n.38), norma “risuscitata” dalla dichiarazione di illegittimità costituzionale
dell’art. 22 co.36 L.23.12.1994, n.724 (Corte Cost.2.11.2000, n.459;).
§3
Il ricorrente agisce, altresì, per il rimborso della spesa assunta per l’acquisto nel luglio
2019 di un’automobile con cambio automatico, pari a € 26.000,00 (doc. 21 fasc. ric.),
adducendo di non essere più in grado di guidare la propria automobile Volkswagen Golf
1.6 diesel con cambio manuale, acquistata nel dicembre 2015 (doc. 12 fasc. ric.), in
quanto avverte un intenso dolore quando allunga il piede sinistro per schiacciare il pedale
della frizione.
La domanda è fondata parzialmente.
In proposito il c.t.u. ha così risposto al quesito “accertare se il ricorrente sia in grado di
guidare esclusivamente autovetture con cambio automatico”: “…risulta che il ricorrente, stante la disabilità conseguente alle menomazioni riportate
nell’infortunio in questione, sia stato sottoposto in data 4 luglio 2019 a revisione della
patente di guida precedentemente posseduta (A e B normale) all’esito della quale gli è
stata rilasciata la patente B speciale con la prescrizione 10.02 di cui all’elenco dei
codici e subcodici comunitari armonizzati corrispondente a “cambio di velocità
automatico”. Il ricorrente pertanto, oltre a non poter più condurre motociclette, è
obbligato a guidare solo automobili dotate di cambio automatico”.
Quindi l’acquisto di un’autovettura con cambio automatico costituisce una spesa
eziologicamente collegata alle conseguenze dell’infortunio in esame.
Tuttavia il danno risarcibile è rappresentato dal costo comportante la sostituzione
dell’automobile con cambio manuale, che il ricorrente possedeva, con un’automobile
aventi le stesse caratteristiche (prima di tutto l’età), ma con cambio automatico.
Il costo della sostituzione corrisponde alla differenza tra il valore che una Golf 1.6 diesel
con cambio automatico del dicembre 2016 aveva nel luglio 2019 e il valore che una Golf
1.6 diesel con cambio manuale del dicembre 2016 aveva nel luglio 2019 (infatti l’assunto
di parte ricorrente secondo cui il listino Volkswagen non ricomprende Golf 1.6 diesel
con cambio automatico del 2016 appare smentito dai dati emergenti agevolmente
dall’utilizzo di un qualsiasi motore di ricerca).
Quindi la società convenuta va condannata a corrispondere al ricorrente, a titolo di
rimborso del costo per la sostituzione nell’anno 2019 dell’autovettura Golf 1.6 diesel
con cambio manuale del dicembre 2016, di cui era proprietario, con un’autovettura Golf
1.6 diesel con cambio automatico del dicembre 2016, la differenza tra il valore che una
Golf 1.6 diesel con cambio automatico del dicembre 2016 aveva nel luglio 2019 e il
valore che una Golf 1.6 diesel con cambio manuale del dicembre 2016 aveva nel luglio 2019; trattandosi di somma agevolmente determinabile, esigenze di economia non solo
processuale inducono a non disporre c.t.u.;
la somma risultante va maggiorata ex art.429 co.3 cod.proc.civ. e poi diminuita, in
ragione del concorso di colpa del ricorrente, nella misura del 20%,.
in ordine alle spese
Stante la parziale soccombenza reciproca, si dispone la parziale compensazione delle
spese nella misura di un quinto.
Anche le spese per c.t.p (escluse quelle afferenti le osservazioni all’elaborato del c.t.u.,
che si sono rivelate infondate, tanto da essere abbandonate dal ricorrente in sede di note
finali autorizzate) e rilascio documentazione medica devono essere ridotte nella stessa
misura.
In ragione dell’esito degli accertamenti, le spese di c.t.u. vengono poste a definitivo
carico della parte convenuta (che ne ha dato causa), restando salva la solidarietà in favore
del c.t.u..
P.Q.M.
Il tribunale ordinario di Trento - sezione per le controversie di lavoro, in persona del
giudice istruttore, in funzione di giudice unico, dott. Giorgio Flaim, definitivamente
pronunciando, ogni altra domanda ed eccezione rigettata, e al lordo di eventuali
versamenti effettuati da convenuti e chiamata nelle more del giudizio, così decide
1. Condanna la società convenuta ------al risarcimento, in favore del
ricorrente -----------, del danno non patrimoniale da menomazioni
permanenti, liquidato nell’importo di € 189.212,00,
A) maggiorato:del danno da svalutazione liquidato sulla base della variazione percentuale degli
indici ISTAT, intervenuta dalla data di redazione delle tabelle Milano (gennaio
2021) fino ad oggi,
degli interessi legali su detta somma, devalutata secondo la variazione degli
indici ISTAT intervenuta dalla data del fatto (10.7.2017) sino alla redazione delle
tabelle di Milano (gennaio 2021) e poi via via rivalutata anno per anno sino
all'effettivo pagamento;
B) diminuito:
della somma di € 97.237,00, corrispondente al valore capitale della rendita
costituita dall’I.N.A.I.L. per danno biologico permanente.
2. Condanna la società --------------al risarcimento, in favore del ricorrente
-------------- del danno non patrimoniale da menomazioni temporanee,
liquidato nell’importo di € 31.794,00,
maggiorato:
del danno da svalutazione liquidato sulla base della variazione percentuale degli
indici ISTAT, intervenuta dalla data di redazione delle tabelle Milano (gennaio
2021) fino ad oggi
degli interessi legali su detta somma, devalutata secondo la variazione degli indici
ISTAT intervenuta dalla data del fatto (10.7.2017) sino alla redazione delle
tabelle di Milano (gennaio 2021) e poi via via rivalutata anno per anno sino
all'effettivo pagamento.
3. Condanna la società -------------al risarcimento, in favore del ricorrente
------------------, del danno patrimoniale da menomazioni permanenti, liquidato
nell’importo di € 273.909,00,
A) maggiorato:del danno da svalutazione liquidato sulla base della variazione percentuale degli
indici ISTAT, intervenuta dalla data del sinistro (10.7.2017) fino ad oggi, e con gli
interessi legali computati sulla somma così rivalutata e decorrenti dallo stesso
termine a quo fino al saldo;
degli interessi legali su detta somma, devalutata secondo la variazione degli
indici ISTAT intervenuta dalla data del fatto (10.7.2017) sino alla redazione delle
tabelle di Milano (gennaio 2021) e poi via via rivalutata anno per anno sino
all'effettivo pagamento;
B) diminuito:
della somma di € 183.218,00, corrispondente al valore capitale della rendita
costituita dall’I.N.A.I.L. per danno patrimoniale permanente.
4. Condanna la società ----------al risarcimento, in favore del ricorrente
-------------, del danno, a titolo di rimborso delle spese mediche, liquidato
nell’importo di € 831,60, maggiorato del danno da svalutazione liquidato sulla base
della variazione percentuale degli indici ISTAT, intervenuta dalla data del sinistro
(10.7.2017) fino ad oggi, e con gli interessi legali computati sulla somma così
rivalutata e decorrenti dallo stesso termine a quo fino al saldo.
5. Condanna la società-------------al risarcimento, in favore del ricorrente
----------------, del danno, a titolo di rimborso del costo per la sostituzione
nell’anno 2019 dell’autovettura Golf 1.6 diesel con cambio manuale del dicembre
2016, di cui era proprietario, con un’autovettura Golf 1.6 diesel con cambio
automatico del dicembre 2016, liquidato nella differenza tra il valore che una Golf 1.6
diesel con cambio automatico del dicembre 2016 aveva nel luglio 2019 e il valore che
una Golf 1.6 diesel con cambio manuale del dicembre 2016 aveva nel luglio 2019,
A) maggiorato:bdel danno da svalutazione liquidato sulla base della variazione percentuale degli
indici ISTAT, intervenuta dal luglio 2019 fino ad oggi, e con gli interessi legali
computati sulla somma così rivalutata e decorrenti dallo stesso termine a quo fino
al saldo.
B) diminuito:
di una percentuale pari al 20%.
6. Dispone la compensazione tra le parti delle spese nella misura di un quinto.
7. Condanna la società convenuta ---------alla rifusione, in favore del
ricorrente -----------------, dei residui quattro quinti, liquidati nella somma di €
16.000,00, maggiorata del 15% per spese forfettarie ex art. 2 co.2 d.m. 10.3.2014, n.
55, oltre ad IVA e CNPA, nonché delle spese per c.t.u. pari a € 1.200,00, per c.t.p. e
rilascio documentazione medica pari a € 645,00.
Trento, 11 gennaio 2022
IL FUNZIONARIO GIUDIZIARIO IL GIUDICE
dott. Roberto Pepa dott. Giorgio Flaim