N. R.G. 377/2019
REPUBBLICA ITALIANA
TRIBUNALE ORDINARIO DI TRENTO
sezione lavoro
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale, in funzione di giudice del lavoro, nella persona fisica del magistrato
dott.Giorgio Flaim pronunzia la seguente
S E N T E N Z A
nella causa per controversia in materia di lavoro promossa con ricorso depositato in data
12.7.2019
d a
AAA
rappresentato e difeso dall’avv. Giovanni Guarini
pec giovanni.guarini@pec.it
ricorrente
c o n t r o
XXX s.p.a.
rappresentata e difesa dall’avv. Alessandro Baracetti
pec avvalessandrobaracetti@recapitopec.it
convenuto
CONCLUSIONI DI PARTE RICORRENTE
“In via principale:
accertare l’illegittimità, l’inefficacia, la nullità del licenziamento intimato al ricorrente
in data 25.05.2019 in quanto discriminatorio e ritorsivo, per “rappresaglia” e per
motivo illecito ex art. 1345 c.c.;
conseguentemente dichiarare tenuta e condannare la resistente a reintegrare il
lavoratore nel posto di lavoro, indipendentemente dal motivo formalmente addotto,
ferma la facoltà del dipendente licenziato di chiedere al datore di lavoro, in
sostituzione della reintegra nel posto di lavoro, un’indennità pari a quindici mensilità
dell'ultima retribuzione di riferimento per il calcolo del trattamento di fine rapporto
(sulla base di una busta paga lorda a € 1998.20), la cui richiesta determina la
risoluzione del rapporto di lavoro, e che non è assoggettata a contribuzione
previdenziale.
Conseguentemente condannare la resistente al risarcimento del danno subito dal
lavoratore per il licenziamento di cui sia stata accertata la nullità e l'inefficacia,
stabilendo a tal fine un'indennità commisurata all'ultima retribuzione di riferimento
per il calcolo del trattamento di fine rapporto, corrispondente al periodo dal giorno del
licenziamento sino a quello dell'effettiva reintegrazione in misura in ogni caso non
inferiore a cinque mensilità dell'ultima retribuzione di riferimento per il calcolo del
trattamento di fine rapporto (sulla base di una busta paga lorda pari a € 1998,20), con
condanna, altresì, al versamento dei contributi previdenziali e assistenziali o la
maggiore o minore somma che sarà ritenuta equa.
In via di subordine:
accertare e dichiarare illegittimo, nullo e/o annullabile nonché ingiustificato il
licenziamento irrogato in data 25.05.2019 perché privo di giusta causa,
manifestamente insussistente essendo il fatto posto a base del licenziamento;
conseguentemente, essendo direttamente dimostrata in giudizio l'insussistenza del fatto
materiale contestato al lavoratore, annullare il licenziamento e condannare la
resistente alla reintegrazione del lavoratore nel posto di lavoro e al pagamento di
un'indennità risarcitoria commisurata all'ultima retribuzione di riferimento per il
calcolo del trattamento di fine rapporto (sulla base di una busta paga lorda pari a €
1998,20) corrispondente al periodo dal giorno del licenziamento fino a quello
dell'effettiva reintegrazione, oltre al versamento dei contributi previdenziali e
assistenziali dal giorno del licenziamento fino a quello dell'effettiva reintegrazione, o
la maggiore o minore somma che sarà ritenuta equa.
In via di ulteriore subordine:
dichiarare e condannare la resistente al pagamento di un'indennità di importo pari a
36 mensilità dell'ultima retribuzione di riferimento per il calcolo del trattamento di
fine rapporto (sulla base di una busta paga lorda pari a € 1998,20) o comunque la
maggiore o minore somma che il Giudice riterrà equa oltre al pagamento
dell’indennità sostitutiva del preavviso pari a 21 giorni di retribuzione ex art. 77 CCNL
(doc. 19 ) e calcolata ex art. 2121 cc pari a € 1398,60.
In via di estremo subordine qualora controparte dimostrasse la dimensione aziendale
sotto i 15 dipendenti:
dichiarare e condannare la resistente al pagamento di un'indennità di importo pari 6
mensilità dell'ultima retribuzione di riferimento per il calcolo del trattamento di fine
rapporto (sulla base di una busta paga lorda pari a € 1998,20) o comunque la
maggiore o minore somma che il Giudice riterrà equa oltre al pagamento
dell’indennità sostitutiva del preavviso pari a 21 giorni di retribuzione ex art. 77 CCNL
(doc. 19 ) e calcolata ex art. 2121 cc pari a € 1398,60.
Oltre alla rifusione delle spese del presente giudizio ed oneri di legge aumentate fino al
30% ex Decreto Ministero della Giustizia 8 marzo 2018, n. 37”
CONCLUSIONI DI PARTE CONVENUTA
“Per le ragioni di cui in narrativa respingere le richieste tutte avanzate da
AAA
Competenze e spese rifuse, oltre accessori di legge”
MOTIVAZIONE
le domande proposte dal ricorrente
Il ricorrente AAA –
premesso di aver lavorato, a far data dal 18.6.2015, alle dipendenze della società
convenuta XXX s.p.a., in ragione di un contratto a tempo indeterminato e
a tempo pieno, con inquadramento nella qualifica di operaio specializzato assemblatore –
categoria AS – livello 2 CCNL per gli addetti alla piccola e media industria del legno e
con mansioni di addetto al reparto assemblaggio –
impugna il licenziamento “per giusta causa senza preavviso” a lui intimato dalla società
datrice, con lettera del 25.5.2019 (doc. 5 fasc. ric.), in relazione all’addebito contestato
con lettera del 9.5.2019 (doc. 3 fasc. ric.) del seguente tenore:
“L'azienda è venuta a conoscenza che Lei ha divulgato, tramite lo scatto di fotografie,
materiale aziendale di proprietà esclusiva della società XXX S.p.A.
Tali fotografie rappresentano disegni tecnici, componenti assemblati e strumentazioni di
proprietà esclusiva della società XXX S.p.A., nello specifico:
Ruotismi di trasmissione destro e sinistro;
Pressa per assemblaggio dei ruotismi di trasmissione destro e sinistro;
Disegno tecnico del dispositivo leveraggi naselli;
Disegno tecnico del manicotto regolabile superiore completo di passaggio astina;
Disegno tecnico dell'autocentrante per pannelli da 75.
Tale materiale, presente in azienda nell'area retrostante la sua postazione di lavoro,
contiene specifiche istruzioni attinenti i metodi di produzione dell'impresa...”.
Il ricorrente propone:
1)
domanda di accertamento della nullità del licenziamento de quo perché “determinato da
motivo illecito determinante ai sensi dell’art. 1345 c.c.”, nella specie di natura ritorsiva
(parte ricorrente vi aggiunge anche l’attributo “discriminatorio”, ma non svolge alcuna
deduzione in proposito, pur essendo licenziamento per motivo illecito determinante, in
particolare ritorsivo, e licenziamento discriminatorio fattispecie nettamente distinte – sul
punto espressamente Cass. 5.4.2016, n. 6575);
sostiene che il licenziamento ha costituito “l’ingiusta e arbitraria reazione ad un
comportamento legittimo del lavoratore colpito (diretto) o di altra persona ad esso
legata e pertanto accomunata nella reazione (indiretto)” (pag. 14 del ricorso); in
proposito evidenzia che il licenziamento è intervenuto dopo che “AAA ha
testimoniato contro il datore di lavoro nel processo YYY, ma costui è anche il
compagno della lavoratrice vittoriosa, quindi non potendo portare a termine il proposito
sanzionatorio nei confronti della seconda, allora la XXX decide di punire colui che è
in azienda per ragioni affettive la persona più vicina alla lavoratrice” (pag. 19 del
ricorso);
chiede l’applicazione della tutela ex art. 2 d.lgs. 4.3.2015, n. 23;
2)
in subordine,
domanda di annullamento del licenziamento de quo per difetto della giusta causa addotta;
a sostegno adduce:
a)
la genericità della contestazione di cui alla lettera del 9.5.2019. atteso che “nulla è detto
in merito a quante e quali siano le foto a cui fa riferimento il datore, né a quando le
stesse sarebbero state scattate”;
b)
l’assenza di qualsiasi responsabilità, non essendo il ricorrente l’autore delle fotografie;
c)
in ogni caso la mancanza di rilevanza disciplinare della condotta contestata in quanto, se
fosse stata tenuta dal ricorrente, sarebbe stata posta in essere nell’esercizio del diritto alla
tutela giurisdizionale, atteso che le fotografie sarebbero state scattate al solo e unico fine
di tutelare il diritto di YYY nel giudizio, da lei promosso verso la società
XXX s.p.a., al fine di impugnare un trasferimento;
chiede l’applicazione della tutela ex art. 3 co.2 d.lgs. 234/2015, in subordine della tutela
ex art. 3 co.1 d.lgs. cit., in ulteriore subordine della tutela ex artt. 3 co.1 e 9 co.1 d.lgs.
cit..
le difese svolte dalla società convenuta
La società convenuta XXX s.p.a. insta per il rigetto delle domande di
parte ricorrente, così replicando:
a 1)
sostiene che il licenziamento è stato intimato in ragione del comportamento contestato al
ricorrente con lettera del 9.5.2019 e ritenuto integrante una giusta causa ex art. 2119
cod.civ., non già per una finalità ritorsiva;
a 2)
a)
nega che la contestazione di cui alla lettera del 9.5.2019 sia affetta da genericità, atteso
che: “Nella contestazione è specificato l’oggetto del fotografato ed è contestato il fatto
materiale di aver scattato fotografie con il cellulare (vigendone il divieto) e di aver poi
divulgato il frutto dello scatto. L’individuazione della data è irrilevante: che l’azione si
sia verificata in un dato momento piuttosto che in un altro non muta il fatto contestato e
quello che ne è sotteso (perdita della fiducia). Il fatto contestato rileva per l’azione del
fotografare ed è irrilevante il momento in cui lo scatto sia stato eseguito” (pag. 4 della
memoria di costituzione);
b)
allega che “in data 8.5.19 il dipendente MMM comunicava a FFF
di aver visto il ricorrente in data 17.4.19 scattare delle fotografie con il
cellulare ai disegni tecnici presenti nel reparto assemblaggio” (pag. 2 della memoria di
costituzione);
c)
sostiene che il diritto alla tutela giurisdizionale prevale sulle esigenze di riservatezza
“esclusivamente se sia in gioco un proprio e non un altrui diritto. Nel caso specifico non
era in discussione alcun diritto del ricorrente. Il ricorrente non aveva in essere alcun
contenzioso con l’azienda…” (pag. 5 della memoria di costituzione).
le ragioni della decisione
1)
in ordine alla domanda di accertamento della nullità del licenziamento (premessa)
Il ricorrente adduce a sostegno di questa domanda che il licenziamento è “determinato da
motivo illecito determinante ai sensi dell’art. 1345 c.c.”, nella specie di natura ritorsiva.
Ad avviso della Suprema Corte il licenziamento per ritorsione costituisce l'ingiusta e
arbitraria reazione a un comportamento legittimo del lavoratore colpito o di altra persona
a lui legata e pertanto accomunata nella reazione, con conseguente nullità ex are. 1345
cod.civ. del licenziamento, quando la finalità ritorsiva abbia costituito il motivo esclusivo
e determinante dell’atto espulsivo (ex multis, di recente, Cass. 3.12.2015, n. 24648; Cass.
18.3.2011, n. 6282;).
Ne consegue che, allorquando il lavoratore alleghi che il licenziamento gli è stato
intimato per un motivo illecito esclusivo e determinante ex art. 1345 cod.civ., il datore di
lavoro non è esonerato dall'onere di provare, ai sensi dell'art. 5 L. 15.7.1966, n. 604,
l'esistenza della giusta causa o del giustificato motivo del recesso (Cass. 14.3.2013, n.
6501;);
quindi l’indagine in ordine alla sussistenza nonché al carattere esclusivo e determinante
del motivo ritorsivo dovrà essere condotta successivamente a quella concernente il
presupposto giustificativo addotto dalla società datrice a fondamento del licenziamento
intimato (qui giusta causa) e solo nell’ipotesi di accertata insussistenza della stessa;
diversamente, infatti, il motivo ritorsivo non sarebbe, per forza di cose, esclusivo e
determinante e quindi non renderebbe nullo il negozio estintivo (in questo senso si
pronunciata di recente Cass. 4.4.2019, n. 9468, secondo cui la verifica dei fatti allegati dal
lavoratore a sostegno del carattere ritorsivo del licenziamento esige il previo
accertamento dell’ insussistenza del presupposto giustificativo posto dal datore a
fondamento del licenziamento).
2)
in ordine alla domanda di annullamento del licenziamento per difetto di giusta causa
Il ricorrente adduce a sostegno di questa domanda tre considerazioni:
a)
la genericità della contestazione di cui alla lettera del 9.5.2019;
b)
l’assenza di qualsiasi responsabilità, non essendo il ricorrente l’autore delle fotografie;
c)
in ogni caso la mancanza di rilevanza disciplinare della condotta contestata in quanto, se
fosse stata tenuta dal ricorrente, sarebbe stata posta in essere nell’esercizio del diritto alla
tutela giurisdizionale, atteso che le fotografie sarebbero state scattate al solo e unico fine
di tutelare il diritto di YYY nel giudizio, da lei promosso verso la società
XXX s.p.a., al fine di impugnare un trasferimento da quest’ultima
disposto nei suoi confronti.
- - -
ad a)
Secondo il consolidato orientamento della Suprema Corte (ex multis, di recente, Cass.
18.4.2018, n. 9590; Cass. 20.3.2018, n. 6889;) la previa contestazione dell'addebito,
necessaria nei licenziamenti qualificabili come disciplinari, ha lo scopo di consentire al
lavoratore l'immediata difesa e, quindi, pur senza essere analitica, deve rivestire il
carattere della specificità, che è integrato quando contiene l'esposizione dei dati e degli
aspetti essenziali del fatto materiale nel quale il datore di lavoro abbia ravvisato
infrazioni disciplinari o comunque comportamenti in violazione dei doveri di cui agli
artt. 2104 e 2105 c.c.; infatti la contestazione deve tracciare i contorni della condotta
ritenuta disciplinarmente rilevante in modo tale da perimetrare anche l'ambito dell'attività
difensiva del lavoratore; nell'apprezzare la sussistenza del requisito della specificità della
contestazione il giudice di merito deve verificare se la mancata precisazione di alcuni
elementi di fatto abbia determinato un'insuperabile incertezza nell'individuazione dei
comportamenti imputati, tale da pregiudicare in concreto il diritto di difesa; infatti per
ritenere integrata la violazione del principio di specificità è necessario che si sia
verificata una concreta lesione del diritto di difesa del lavoratore.
Nel caso in esame il ricorrente si duole che nella contestazione di cui alla lettera del
9.5.2019 “nulla è detto in merito a quante e quali siano le foto a cui fa riferimento il
datore, né a quando le stesse sarebbero state scattate”.
In ordine alla mancata indicazione del numero (“quante”) e del contenuto (“quali”) delle
fotografie in thesis scattate dal ricorrente la doglianza non è fondata.
Come ha già evidenziato la difesa della società convenuta (pag. 4 della memoria di
costituzione) “nella contestazione è specificato l’oggetto del fotografato” (vale a dire
“Ruotismi di trasmissione destro e sinistro; Pressa per assemblaggio dei ruotismi di
trasmissione destro e sinistro; Disegno tecnico del dispositivo leveraggi naselli;Disegno
tecnico del manicotto regolabile superiore completo di passaggio astina; Disegno
tecnico dell'autocentrante per pannelli da 75”).
Quindi, “quali” fotografie il ricorrente avrebbe scattato, la lettera di contestazione lo
specifica in modo perspicuo e del tutto comprensibile al ricorrente.
Inoltre, una volta precisato il contenuto delle fotografie assertamente scattate dal
ricorrente, non assume il carattere di aspetto essenziale del fatto materiale addebitato il
numero esatto di quelle fotografie, rivestendo un’importanza marginale con “quante”
fotografie sia avvenuta la riproduzione degli oggetti (assertamente riservati)
specificamente indicati.
La doglianza è, invece, fondata in ordine alla mancata indicazione nella contestazione di
“quando” il ricorrente avrebbe scattato le fotografie degli oggetti ivi specificati.
Infatti, non vi è dubbio che di regola il tempus costituisce un aspetto essenziale della
materialità degli accadimenti.
In proposito la difesa della parte convenuta deduce che: “L’individuazione della data è
irrilevante: che l’azione si sia verificata in un dato momento piuttosto che in un altro
non muta il fatto contestato e quello che ne è sotteso (perdita della fiducia). Il fatto
contestato rileva per l’azione del fotografare ed è irrilevante il momento in cui lo scatto
sia stato eseguito”.
L’assunto non può essere condiviso: parte convenuta si riferisce alla rilevanza
disciplinare della condotta contestata (e sotto questo profilo è corretto sostenere che, di
regola, è indifferente in quale giornata sia stata tenuta la condotta), ma ai fini della
specificità della contestazione in funzione della garanzia del diritto di difesa la data in cui
il fatto si è verificato costituisce un aspetto essenziale (della sua materialità); basti
pensare che solo se viene indicato il giorno in cui il lavoratore avrebbe tenuto la condotta
addebitata, egli, grazie alla sufficiente perimetrazione del relativo periodo temporale,
viene posto nella condizione di ricostruire i propri comportamenti al fine di allegare
eventualmente, una diversa versione dei fatti.
Un’attenuazione dell’onere di specificità della contestazione è affermata dalla
giurisprudenza (Cass 5.7.2013, n. 16831; Cass. 7.8.2003, n. 1933;) solo nelle ipotesi in
cui l’addebito si riferisca a molteplici fatti, atteso che in questi casi la mancata
indicazione del giorno e dell’ora in cui gli stessi fatti sono stati commessi non impedisce
al lavoratore di individuarli nella loro materialità.
Quindi occorre concludere che la contestazione disciplinare di cui alla lettera del
9.5.2019 è viziata da genericità in quanto non contiene l’indicazione del giorno in cui il
ricorrente avrebbe tenuto la condotta contestata.
L’analisi potrebbe fermarsi alla luce del recente orientamento della Suprema Corte (Cass.
24.7.2018, n. 19632;), secondo cui il giudice di merito, nel verificare la legittimità o
meno di una sanzione disciplinare, deve considerare solamente i fatti specificamente
contestati, senza tener conto dei fatti genericamente indicati.
b)
Tuttavia al fine di assicurare alle parti una risposta ancora più adeguata alle (diverse)
istanze di giustizia, rispettivamente formulate, appaiono opportune le considerazioni che
seguono.
Anche nel caso venisse accertato che il ricorrente sia effettivamente l’autore delle
fotografie oggetto dell’addebito il licenziamento intimato dalla società datrice non
sarebbe comunque giustificato.
Infatti, anche seguendo le prospettazione di parte convenuta, la contestazione di cui alla
lettera dell’8.5.2019 concerne soltanto una frazione della condotta in thesis commessa
dal ricorrente:
la società convenuta allega (solo) in memoria di costituzione che il ricorrente scattò le
fotografie incriminate in data 17.4.2019;
tuttavia emerge per tabulas (doc. 9 fasc. ric.) che all’udienza tenutasi il giorno
successivo, nell’ambito del giudizio promosso da YYY, anch’ella dipendente
addetta al reparto assemblaggio, verso XXX s.p.a. al fine di impugnare
un trasferimento disposto nei suoi confronti dalla datrice, furono prodotti dalla
lavoratrice “due fotografie concernenti il luogo, gli strumenti ed i materiali utilizzati
dalla ricorrente” e “tre documenti costituenti disegni” redatti dall’ufficio tecnico;
è incontestato – oltre che agevolmente desumibile dal tenore della contestazione (“Tali
fotografie rappresentano disegni tecnici, componenti assemblati e strumentazioni di
proprietà esclusiva della società XXX S.p.A., nello specifico: Ruotismi di
trasmissione destro e sinistro; Pressa per assemblaggio dei ruotismi di trasmissione
destro e sinistro; Disegno tecnico del dispositivo leveraggi naselli; Disegno tecnico del
manicotto regolabile superiore completo di passaggio astina; Disegno tecnico
dell'autocentrante per pannelli da 75”) e dalla coincidenza della nomenclatura ivi
contenuta con quella apparente nei documenti sub doc. 15 e 16 fasc. ric. – che i
documenti prodotti da YYY all’udienza del 18.4.2019 nel giudizio da lei
promosso sono gli stessi costituenti oggetto della contestazione disciplinare mossa dalla
convenuta al ricorrente in data 9.5.2019;
quindi secondo le prospettazioni della stessa società convenuta il ricorrente scattò le
fotografie per poi consegnarle a YYY affinché ella potesse produrle in giudizio
all’udienza del giorno successivo;
la plausibilità dell’ipotesi è corroborata anche dalla circostanza, pure incontestata, che
YYY era legata al ricorrente da un consolidato rapporto sentimentale e dal fatto
che all’epoca era assente dal lavoro (dal 18.3. al 17.5.2019), come allegato dalla stessa
convenuta (pag. 2 della memoria di costituzione).
In definitiva risulta evidente che l’addebito contestato, che la società datrice ha limitato
allo scatto delle fotografie, non descrive compiutamente la condotta (assertamente)
tenuta dal ricorrente, atteso che, se egli fosse l’autore delle fotografie, sarebbe anche
colui che ha consegnato quei documenti a YYY, affinché ella potesse produrli
nel giudizio da lei promosso.
Questo rilievo assume un’importanza cruciale ai fini della decisione.
Qualora non fosse evidente il motivo per cui il ricorrente ha in thesis scattato quelle
fotografie, la sua condotta sarebbe disciplinarmente rilevante. Infatti appare di certo
censurabile, perché ingenera un pericolo di danno alla riservatezza di cui l’imprenditore
gode in ordine ai beni aziendali, il comportamento di un lavoratore che per ragioni
imprecisate effettui delle fotografie sul luogo di lavoro; la mancanza di un motivo lecito
rende concreta la possibilità che la conoscenza, da parte di terzi non determinati, di
quelle fotografie arrechi un qualche pregiudizio all’imprenditore.
Sennonché la vicenda in esame non è assolutamente sussumibile a detta fattispecie.
Infatti, se il ricorrente avesse effettivamente scattato le fotografie di cui alla
contestazione, la sua condotta sarebbe comunque indissolubilmente connessa alla
produzione delle fotografie, da parte di YYY, nel giudizio da lei promosso
verso la società convenuta per l’impugnazione del trasferimento disposto nei suoi
confronti dalla datrice; questa è l’unica “divulgazione” (per utilizzare il termine utilizzato
dalla convenuta nella contestazione) che quella condotta, seguendo la stessa
prospettazione della convenuta, è stata in grado di provocare.
Quindi, anche ammettendo che il ricorrente abbia tenuto tale condotta, non solo non è
sorta alcuna concreta possibilità che la conoscenza, da parte di terzi, di quelle fotografie
arrecasse un qualche pregiudizio alla società convenuta, ma è certo che l’evento (la
produzione in giudizio delle fotografie medesime), che quella condotta ha consentito si
realizzasse, non ha natura illecita e neppure disciplinarmente rilevante in quanto
costituisce un comportamento tenuto da YYY, che integra un’ipotesi di
esercizio di un diritto (alla luce dell’orientamento della Suprema Corte – Cass.
10.5.2018, n. 11322; Cass. 29.12.2014, n. 27424; Cass. 20.9.2013, n. 21612; Cass.
5.8.2010, n. 18279; – che, in via tendenziale, ritiene prevalente la tutela del diritto di
difesa in giudizio rispetto a quella della riservatezza).
Emerge così l’infondatezza dell’assunto di parte convenuta – che a prima vista sembra
contrastare efficacemente l’invocazione da parte del ricorrente della scriminante
dell’esercizio del diritto (pag. 12-13 del ricorso) – secondo cui nel caso in esame tale
scriminante non avrebbe alcun rilievo, attesa la mancata coincidenza tra autore della
condotta e titolare del diritto (pag. 5 della memoria di costituzione).
Queste sono le ragioni per cui, se anche il ricorrente fosse effettivamente l’autore delle
fotografie oggetto dell’addebito, il licenziamento intimato dalla società datrice sarebbe
comunque privo di giusta causa per insussistenza del fatto materiale contestato ex art. 2
co.2 d.lgs. 23/2015 (fattispecie che, ormai per consolidata opinione della Suprema Corte
– ex multis la capostipite Cass. 13.10.2015, n. 20540; di recente Cass. 8.5.2019, n.
12174; Cass. 7.2.2019, n. 3655; – ricomprende l’ipotesi della condotta priva di rilievo
disciplinare, qual è quella qui addebitata al ricorrente, anche secondo le indicazioni di
Cass. 11322/2018 in relazione ad un caso di violazione della riservatezza in funzione
della tutela giurisdizionale).
3)
in ordine alla domanda di accertamento della nullità del licenziamento (merito)
Sciogliendo la riserva sub 1), l’accertata insussistenza del fatto posto a base del
licenziamento per giusta causa costituisce il presupposto indispensabile per potere
procedere all’esame nel merito della domanda, proposta dal ricorrente, di accertamento
della nullità del licenziamento per motivo illecito determinante ed esclusivo, qual è il
licenziamento ritorsivo;
infatti, come si è ricordato, il licenziamento per ritorsione costituisce l'ingiusta e
arbitraria reazione ad un comportamento legittimo del lavoratore colpito o di altra
persona a lui legata e pertanto accomunata nella reazione, con conseguente nullità ex art.
1345 cod.civ. del licenziamento, quando la finalità ritorsiva abbia costituito il motivo
esclusivo e determinante dell’atto espulsivo.
A fondamento delle domanda il ricorrente sostiene che il licenziamento ha costituito
“l’ingiusta e arbitraria reazione ad un comportamento legittimo del lavoratore colpito
(diretto) o di altra persona ad esso legata e pertanto accomunata nella reazione
(indiretto)” (pag. 14 del ricorso); in proposito evidenzia che il licenziamento è
intervenuto dopo che “AAA ha testimoniato contro il datore di lavoro nel
processo YYY, ma costui è anche il compagno della lavoratrice vittoriosa, quindi non
potendo portare a termine il proposito sanzionatorio nei confronti della seconda, allora
la XXX decide di punire colui che è in azienda per ragioni affettive la persona più
vicina alla lavoratrice” (pag. 18 del ricorso).
Secondo il consolidato (e già ricordato dal ricorrente) orientamento della Suprema Corte
(ex multis Cass. 17.10.2018, n. 26035; Cass. 3.12.2015, n. 24648; Cass. 8.8.2011, n.
17087;) l’onere di provare che la ritorsione ha costituito il motivo unico e determinante
del licenziamento può essere assolto dal lavoratore (su cui quell’onere grava) anche
mediante presunzioni.
Sintetizzando le allegazioni del ricorrente, il licenziamento a lui intimato costituisce la
reazione, espressa dalla società datrice solo dopo essere venuta a conoscenza dell’esito
sfavorevole del giudizio promosso nei suoi confronti da YYY, alla deposizione
testimoniale da lui resa all’udienza dell’11.4.2019 (nel quale egli ha riferito circostanze
successivamente valorizzate dal giudice nel motivare l’accoglimento della domanda di
YYY) e alla produzione, effettuata da YYY all’udienza del 18.4.2019 delle
fotografie, che la convenuta afferma esser state scattate da ricorrente.
La domanda è fondata in ragione delle seguenti circostanze, che appaiono idonee a
provare in via presuntiva la finalità ritorsiva del licenziamento:
a)
è indubbio, alla luce della motivazione dell’ordinanza cautelare del 6.5.2019 (doc. 10
fasc. ric.), che la deposizione testimoniale del ricorrente all’udienza dell’11.4.2018 e la
produzione documentale effettuata da YYY all’udienza del 18.4.2019 abbiano
costituito fonti di prova rilevanti ai fini della valutazione di fondatezza della domanda
proposta da YYY contro la società XXX s.p.a. (si vedano
specialmente le pag.12-13);
b)
la circostanza sub a) è venuta a conoscenza della società convenuta al momento della
lettura dell’ordinanza cautelare depositata e comunicata in data 6.5.2019; come ha già
evidenziato la difesa del ricorrente (pag. 16 del ricorso), la contestazione disciplinare al
ricorrente è stata formulata in data 9.5.2019, vale a dire immediatamente a ridosso della
decisione del tribunale; la vicinanza temporale rende verosimile, alla luce dell’ordinario
criterio cronologico, l’esistenza di un nesso causale tra i due fatti;
c)
la società convenuta afferma di aver formulato al ricorrente la contestazione disciplinare
in data 9.5.2019 perché solo il giorno prima sarebbe venuta a conoscenza grazie alla
comunicazione di altro dipendente, tale UUU (di cui produce copia sub
doc. 6); a ben vedere, questi, pur redigendo la comunicazione in data 8.5.2019, afferma
di aver notato già in data 17.4.2019 che il ricorrente stava scattando delle foto “ai disegni
tecnici del proprio reparto”; tuttavia non spiega per quale ragione egli abbia atteso oltre
venti giorni prima di riferire la circostanza ai superiori; dato che appare del tutto
inverosimile che a distanza di così tanto tempo egli lo abbia fatto di sua iniziativa, è
invece, ampiamente plausibile che sia stata sollecitato in tal senso; in proposito occorre
evidenziare che il vertice della società convenuta era a conoscenza già dal 18.4.2019
(data dell’udienza in cui è avvenuta la produzione) che vi erano delle fotografie che
riproducevano il luogo, gli strumenti, i materiali e i disegni tecnici utilizzati dalla
ricorrente; quindi è agevole immaginare che fin da quel momento la società convenuta si
sia interrogata su chi fosse l’autore di quelle fotografie; ed è parimenti facile immaginare
che, essendo YYY all’epoca assente dal lavoro (dal 18.3. al 17.5.2019) come
allegato dalla stessa convenuta (pag. 2 della memoria di costituzione), i “sospetti” siano
caduti sul ricorrente quale collega di reparto e soprattutto compagno di vita di YYYY; certamente la società convenuta ha condotto le opportune indagini interne,
acquisendo i relativi riscontri (come è desumibile anche dal fatto che ha indicato quali
testimoni numerosissime persone – pag. 8 e 9 della memoria di costituzione); il fatto che
solo a distanza di venti giorni e soprattutto dopo aver appreso dell’esito sfavorevole della
controversia promossa da YYY abbia formulato la contestazione al ricorrente,
significa che in origine la condotta di questi non sia stata considerata disciplinarmente
rilevante; lo è diventata dopo che la società è venuta a conoscenza di essere rimasta
soccombente, ma è in questa valutazione che si annida il motivo ritorsivo che vizia di
nullità ai sensi dell’art. 1345 cod.civ. il licenziamento successivamente intimato al
ricorrente.
Appare opportuno ricordare che l’esistenza di un fatto ignoto (qui la volontà di reagire,
mediante il licenziamento del ricorrente, una volta conosciuto l’esito sfavorevole alla
convenuta del giudizio promosso nei suoi confronti da YYY, alla deposizione
testimoniale resa dal ricorrente all’udienza dell’11.4.2019 e alla produzione
documentale effettuata da YYY all’udienza del 18.4.2019) può ritenersi
provata per presunzione ex art. 2729 cod.civ. solamente qualora sia stata compiutamente
accertata in via diretta l’esistenza di un fatto storico dotato di gravità, precisione e
concordanza nella direzione del fatto ignoto;
secondo concorde dottrina e giurisprudenza (Cass. 28.2.2017, n. 19485, Cass. 26.6.2008,
n. 17535; Cass. 9.8.2007, n. 17457;):
la gravità allude a un concetto logico, generale o speciale (cioè rispondente a principi
di logica in genere oppure a principi di una qualche logica particolare, per esempio di
natura scientifica o propria di una qualche lex artis), che esprime nient'altro che la
presunzione si deve fondare su un ragionamento probabilistico, per cui, dato un fatto
A noto, è probabile che si sia verificato il fatto B; non è, invece, necessario che
l'inferenza conduca a valutazioni in termini di certezza);
la precisione esprime l'idea che l'inferenza probabilistica conduca alla conoscenza del
fatto ignoto con un grado di probabilità che si indirizzi solo verso il fatto B e non lasci
spazio, sempre al livello della probabilità, a un indirizzarsi in senso diverso, cioè
anche verso un altro o altri fatti;
la concordanza esprime un requisito del ragionamento presuntivo, che non lo
concerne in modo assoluto, cioè di per sé considerato, come invece gli altri due
elementi, bensì in modo relativo, cioè nel quadro della possibile sussistenza di altri
elementi probatori, volendo esprimere l'idea che, intanto la presunzione è
ammissibile, in quanto indirizzi alla conoscenza del fatto in modo concordante con
altri elementi probatori, che, peraltro, possono essere o meno anche altri ragionamenti
presuntivi.
Le tre circostanze sub a), b) e c) appaiono concordemente orientate in modo univoco a
dimostrare che, con forte probabilità, la società convenuta abbia deciso di procedere
disciplinarmente contro il ricorrente in ragione del fatto che la sua deposizione
testimoniale e la produzione di fotografie da lui scattate sono state determinanti ai fini
dell’esito sfavorevole del giudizio promosso da YYY.
Infatti, quanto ad a): la deposizione testimoniale e la produzione documentale hanno
costituito fonti di prova delle allegazioni di YYY(smentendo così quelle svolte dalla
convenuta);
quanto a b): la vicinanza temporale tra conoscenza dell’esito sfavorevole del giudizio
promosso da YYY e inizio del procedimento disciplinare rende probabile che la
volontà datoriale di perseguire il ricorrente sia stata condizionata dalla circostanza
appena appresa;
quanto a c): la distanza temporale tra conoscenza della produzione documentale e inizio
del procedimento disciplinare induce persuasivamente a ritenere che in origine la
responsabilità del ricorrente circa la disponibilità da parte di YYY di quei documenti
sia stata considerata disciplinarmente irrilevante.
In definitiva appare compiutamente accertato che il licenziamento, intimato dalla società
XXX s.p.a. a AAA, con lettera del 25.5.2019
costituisce la reazione, espressa dalla datrice una volta venuta a conoscenza dell’esito
sfavorevole del giudizio promosso nei suoi confronti da YYY, alla deposizione
testimoniale resa dal ricorrente all’udienza dell’11.4.2019 e alla produzione, effettuata
da YYY all’udienza del 18.4.2019 delle fotografie, che la convenuta afferma
essere state scattate da ricorrente, e quindi è affetto da nullità ex art. 1418 co. 2 cod.civ.
prodotta da motivo illecito determinante ed esclusivo ex art. 1345 e 1324 cod.civ..
- - -
In ordine alla tutela spettante al ricorrente trova qui applicazione la tutela ex art. 2 co.1 e
2 d.lgs. 23/2015 secondo cui: “1. Il giudice, con la pronuncia con la quale dichiara la
nullità del licenziamento perché riconducibile agli altri casi di nullità espressamente
previsti dalla legge, ordina al datore di lavoro, imprenditore o non imprenditore, la
reintegrazione del lavoratore nel posto di lavoro, indipendentemente dal motivo
formalmente addotto… 2. Con la pronuncia di cui al comma 1, il giudice condanna
altresì il datore di lavoro al risarcimento del danno subito dal lavoratore per il
licenziamento di cui sia stata accertata la nullità e l'inefficacia, stabilendo a tal fine
un'indennità commisurata all'ultima retribuzione di riferimento per il calcolo del
trattamento di fine rapporto, corrispondente al periodo dal giorno del licenziamento sino
a quello dell'effettiva reintegrazione, dedotto quanto percepito, nel periodo di
estromissione, per lo svolgimento di altre attività lavorative. In ogni caso la misura del
risarcimento non potrà essere inferiore a cinque mensilità dell'ultima retribuzione di
riferimento per il calcolo del trattamento di fine rapporto. Il datore di lavoro è
condannato, altresì, per il medesimo periodo, al versamento dei contributi previdenziali
e assistenziali”.
Ne deriva che alla società XXX s.p.a. va ordinato:
1)
di reintegrare AAA nel posto di lavoro da lui occupato presso lo
stabilimento di Castelnuovo (TN), all’epoca del licenziamento intimato al ricorrente in
data 25.5.2019;
2)
di corrispondere, in favore dello stesso ricorrente, un’indennità risarcitoria commisurata a
cinque mensilità dell’ultima retribuzione di riferimento per il calcolo del trattamento di
fine rapporto (indicata dal ricorrente in € 1.998,20, senza che parte convenuta abbia
sollevato contestazioni);
tale somma risultante va maggiorata ex art.429 co.3 cod.proc.civ. (con gli interessi
legali dovuti sul capitale via via rivalutato ogni fine anno secondo quanto stabilito in
Cass. S.U. 29.1.2001, n.38), norma “risuscitata” dalla dichiarazione di illegittimità
costituzionale dell’art. 22 co.36 L.23.12.1994, n.724 ad opera di Corte Cost.2.11.2000,
n.459.
La società convenuta va, altresì, condannata al versamento dei contributi previdenziali e
assistenziali dal giorno del licenziamento fino a quello della effettiva reintegrazione,
previa detrazione di quelli già accreditati in virtù di eventuale altra occupazione,
maggiorati degli interessi nella misura legale senza applicazione di sanzioni per omessa o
ritardata contribuzione.
Le spese, come liquidate in dispositivo, non possono che seguire la soccombenza.
P.Q.M.
Il tribunale ordinario di Trento - sezione per le controversie di lavoro, in persona del
giudice istruttore, in funzione di giudice unico, dott. Giorgio Flaim, definitivamente
pronunciando, ogni altra domanda ed eccezione rigettata, così decide:
1. Dichiara, ai sensi dell’art. 1418 co.2 cod.civ., la nullità per motivo illecito ex artt.
1345 e 1324 cod.civ. del licenziamento intimato dalla società convenuta XXX
s.p.a. al ricorrente AAA con comunicazione del
25.5.2019.
2. Ordina alla società convenuta XXX s.p.a. di reintegrare
AAA nel posto di lavoro da lui occupato presso lo
stabilimento di Castelnuovo all’epoca del licenziamento intimato al ricorrente in data
25.5.2019.
3. Condanna la società convenuta XXX s.p.a. a corrispondere, in favore
del ricorrente AAA , un’indennità risarcitoria commisurata a
cinque mensilità dell’ultima retribuzione di riferimento per il calcolo del trattamento
di fine rapporto (pari a € 1.998,20), con il maggior danno da svalutazione liquidato
sulla base della variazione percentuale degli indici ISTAT, intervenuta dalle date di
maturazione dei singoli ratei fino ad oggi, e con gli interessi legali computati sulla
somma così rivalutata e decorrenti dagli stessi termini a quibus fino al saldo.
4. Condanna la società convenuta XXX s.p.a. al versamento dei
contributi previdenziali e assistenziali dal giorno del licenziamento fino a quello della
effettiva reintegrazione, previa detrazione di quelli già accreditati in virtù di
eventuale altra occupazione, maggiorati degli interessi nella misura legale senza
applicazione di sanzioni per omessa o ritardata contribuzione.
5. Condanna la società convenuta alla rifusione, in favore del ricorrente, delle spese di
giudizio, liquidate nella somma complessiva di € 2.500,00, maggiorata del 15% per
spese forfettarie ex art. 2 co.2 d.m. 10.3.2014, n. 55, oltre ad IVA, CNPA.
Trento, 12 settembre 2019
IL FUNZIONARIO GIUDIZIARIO IL GIUDICE
dott. Giovanni Zorzi dott. Giorgio Flaim